
Vikings è stata una ottima serie: lo dice il 92% di indice di gradimento. Perché? La Filosofia della Specie ci vede una buona narrazione, che ha saputo tenere insieme magia e realtà, mito e storia, in un avvincente racconto.
Da qualche tempo esistono queste “televisioni alternative”, ognuna delle quali ha dato libero spazio a racconti e narrazioni, producendone di proprie e spesso abbassando (e di molto) la qualità delle rappresentazioni cinematografiche, ma non sempre. Infatti tra queste fiction ci sono molte serie famose, come Black Mirror e Vikings.
Il primo esempio si ambienta in un futuro distopico (e nemmeno troppo) ed è perfettamente accessibile a chiunque, dato che siamo tutti “figli di Internet”.
Vikings, invece, racconta di un mondo fantastico, a cavallo tra la narrazione storica e quella mitologica, ove magia e realtà si intersecano, permettendoci ancora una volta di vedere insieme il mito e la storia, l’invisibile numinoso che agisce nella vita (individuale, psichica e sociale) dell’uomo.
Se glielo permetti, Vikings ti accompagna a riflessioni su temi come: teologia, psicologia e antropologia.
Vikings e gli dèi
Come già accennato, si potrebbe riassumere questa serie con poche parole: uomini, dèi, donne e potere. Perché tutto gira attorno a questo: uomini e donne che si conoscono e si scontrano, si amano e si odiano, in cerca di altri uomini, donne o del potere.
E tra questo, invisibili, si aggirano gli dèi.
Uno dei punti di forza della serie – secondo me – è quello di non rappresentare mai direttamente gli dèi: in qualche raro caso ci sono uomini che si dicono dèi, ma non si comprende se lo siano veramente; oppure appaiono forme associabili agli dèi in momenti di coscienza alterata come visioni o sogni.
Questo è ciò che, da sempre (nelle culture pagane) ha permesso l’accesso degli dèi (e di quello che rappresentano) nel mondo dell’individuo e della collettività: non dividere la psiche dalla natura.
Alcune filosofie religiose tendono a separare i piani del numinoso (divino) da quello umano. Accade anche col pensiero, con la metafisica. Accade con la scienza, dal cogito cartesiano in poi.
Il bello di questa serie è, secondo me, proprio che riporta gli dèi lì dove dovrebbero stare: in un territorio misto tra la psiche individuale e le cose, senza spiegare mai se essi siano reali, senza tradirne la natura insondabile di mistero.
Lo “sciamano” Floki, il prete Athelstan, il veggente dei norreni e il vescovo Heahmund, sono i personaggi che meglio narrano del rapporto degli dèi con le “cose degli uomini”. Sono portatori di pantheon cristiani e norreni che in queste vicende di incontrano (e si scontrano), favorendo o sfavorendo le vite degli uomini e le trame dei popoli. Se inizierai la visione della serie e ti interessa questo aspetto, ti invito a tenerli d’occhio.
Mito e rito
Così come per gli dèi, che sono stati reincorporati nella vita degli uomini come un qualcosa di invisibile, così anche il loro intervento, che potremmo definire qualcosa a metà tra la magia (o il miracolo) e la scienza.
La funzione primaria che scienza, miracolo e magia hanno in comune è il rito. Il metodo scientifico, le prassi ecumeniche e i riti pagani (e lo sciamanismo), hanno in comune tre cose:
- hanno un modus operandi codificato;
- necessitano di strumenti;
- partono da teorie e si muovono verso i fatti, verificandoli.
Certo, la scienza li verifica in un modo che ha calcoli e riproducibilità alle sue spalle, ma così facendo lascia una vasta gamma di realtà fuori dalle sue capacità, mentre la ritualità si accontenta di una verifica pragmatica: ho invocato il mio “dio” e gli ho chiesto una cosa, se la cosa si è manifestata, allora “il dio è con me”.
Insomma: non ci sono “incantesimi” in Vikings, eppure tutto è pervaso da una profonda atmosfera di magia. Com’è possibile? Sono solo coincidenze? È follia di un singolo o di una collettività? Sono reali atti di fede simili a miracoli? È una antica prassi magica norrena? La risposta resta il mistero.
Storia e Mito
Ecco come, Vikings, permette una guarigione: è l’atto di ribellione contro una “natura morta”, ovvero quel dipinto che la scienza fa – continuamente – di un mondo che sotto sotto è pullulante di una vita inesauribile ed insondabile, completamente affidata al mistero, che solo il mito può raccontare.
Ecco, quindi, cosa ho apprezzato di questa serie: reintroduce una risposta da tempo dimenticata alla dicotomia tra “verità” e “finzione”, una chiave per scardinare i dubbi sulla relazione tra “realtà, scienza e fede”, un passaggio sicuro per riabilitare l’arte della magia e gli aldilà della psiche, senza cadere in terapie: reintroduce il mito come filosofia, come accesso magico al mistero del mondo che la storia e la scienza non possono vedere, comprendere, spiegare.
E così anche tu, col mito, puoi ri-accogliere nel tuo mondo, ciò che prima ne restava fuori: il mistero.
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