
“Il simbolo non è né allegoria né segno ma l’immagine di un contenuto che per la massima parte trascende la coscienza” – Carl Gustav Jung
Tra i molti insegnamenti che ho ricevuto da Le Stanze dell’Immaginazione ce n’è uno che getta una luce diversa sui concetti di archetipo, simbolo e su quello più generale di immagine.
Potrei quasi definire questa innovazione come “grammaticale”, perché cambia modo di intendere tutto il lavoro con le immagini (interiori) ed è sicuramente anche innovativo, perché definisce nitidamente quali siano le caratteristi, i modi ed i motivi, di un lavoro autonomo di conoscenza di sé.
Archetipo
Il primo termine che voglio rivedere insieme è “archetipo”, che letteralmente significa “forma originaria” (archè-typos). Ho sempre visto l’archetipo come quella immagine che condensa informazioni fondamentali, in cui si possono leggere dei caratteri extra-individuali, ovvero informazioni che ci narrano cosa è un essere umano.
Il concetto di Grande Madre, ad esempio, che è stato diffusamente ritrovato in varie culture antiche, aveva rappresentazioni tra loro molto differenti: una donna grande, una minuta e slanciata, donne-animale (orsa, gatto, leonessa, ecc…), come anche concettualizzazioni più stilizzate come – ad esempio – delle vulve.
E qui sta il fatto, secondo me: l’archetipo è un’immagine (una forma) mutevole che narra contenuti fissi.
E attraverso queste coordinate di “forma” e “contenuto”, che appartengono a archetipo, simbolo ed immagine, andiamo a vedere le differenze tra essi.
Simbolo
Passiamo ora al simbolo, riprendendo la citazione di Jung in apertura: “Il simbolo non è né allegoria né segno ma l’immagine di un contenuto che per la massima parte trascende la coscienza”. C’è un contenuto, quindi, che per mostrarsi assume un volto, una immagine.
E questo è come Le Stanze dell’Immaginazione ed io consideriamo il lavoro con l’Immaginazione: un’occasione per creare uno spazio in cui dare forma ad un contenuto che viene dal profondo. È un processo che si chiama “con-templazione“.
Al contrario dell’archetipo (dove il contenuto era univoco e la forma mutevole), però, nel simbolo c’è un contenuto infinito che tenta – senza mai riuscirci – di esprimersi attraverso una forma definita.
L’infinitezza del contenuto è data dalla sua capacità di trascendere la coscienza, invitando l’individuo ad un cammino di comprensione, in direzione evolutiva.
Immagine
È ora necessario parlare dell’immagine, perché sia archetipo che simbolo sono immagini: l’immagine è la forma, il contenitore di un contenuto, il veicolo con cui archetipo e simbolo si manifestano.
Come già visto, il lavoro con le immagini è quella della contemplazione: creazione di uno spazio di manifestazione del contenuto in una “forma” e loro comprensione (cum-prehendere = portare dentro), senza giudizio. È un lavoro di visione, di accettazione e non di interpretazione.
È fondamentale comprendere che per lavorare con l’Immaginazione non c’è bisogno di conoscere né simboli e né archetipi, perché quelle immagini che verranno a galla non sono pre-codificate, ma partorite “istantaneamente” dal profondo, quando la coscienza si affaccia per vederle.
Tutto ciò permette un profondo slittamento dall’interpretazione alla lettura visione dei propri contenuti interiori, il che rende più semplice ed immediato – e soprattutto possibile a chiunque – l’accesso al Profondo, all’Anima ed al Sé superiore.
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