
Nell’ultimo capolavoro Pixar, “Soul”, si parla di temi molti elevati, filosofici, come il Senso e lo Scopo del vivere. Ma soprattutto si accenna alla fondamentale differenza tra i due.
Chi siamo? Da dove veniamo? Cosa c’è dopo la morte?
Sono domande che la filosofia (e l’umanità) si fa da sempre e che tendono a rimanere senza risposta. Alcune di queste, come le domande sullo Scopo e sul Senso della vita, sono state il terreno di gioco (e di avventura) dell’ultimo capolavoro Pixar: “Soul”.
Allora cerchiamo di comprendere la differenza tra Scopo e Senso, in questo articolo… [spoiler alert]
Soul
Non ti racconterò l’intera trama del film, anzi… cercherò di addentrarmi il meno possibile nei personaggi e nell’intreccio, per non farti grossi spoiler, ma di certo qualcosa diremo, per cui – se non lo hai visto – almeno ora lo sai.
Il titolo, comunque, dice già molto: in questa pellicola seguiremo le vicende di un’anima che ha lasciato il suo corpo e sta girovagando in quei luoghi che sono a metà tra la vita e la morte.
L’anima di un professione di musica, appassionato di Jazz, scontento di insegnare a scuola e col pallino di suonare in una vera jazz-band che si esibisce nei locali.
Ben presto, al suo fianco, troveremo un’altra anima, non ancora mai incarnata, che verrà chiamata semplicemente col numero “22”.
Per una serie di vicende, l’anima “caduta” si troverà a dover accompagnare “22” a scoprire la sua “scintilla“.
La “scintilla”, nel film Pixar, è quel qualcosa di caratteristico che permette ad un’anima di completare una specie di training pre-incarnazione: quando l’anima ha completato il suo percorso e trovato la sua scintilla, può finalmente scendere sulla Terra e iniziare una vita incarnata.
La passione
Gran parte del film si svolge attorno alla ricerca di questa scintilla, ma… che cos’è?
Possiamo pensare possa essere, come nel caso Joe – il direttore della banda scolastica – la musica. In alcune scene appare evidente che questa scintilla possa essere uno sport (il tiro con l’arco) o un’attitudine (alla ricerca) o chissà che altro.
Potremmo pensare che la scintilla sia una passione.
Qualcosa che ci accende e che ci manda in uno stato di flusso (quel “flow” teorizzato da Mihaly Csikszentmihalyi), una specie di “bolla” che ci fa sentire pienamente presi, catturati, incantati nel senso della magia.
Eppure… nel film viene mostrato come, queste estasi, possano avere un lato negativo e, da stato di flusso e massima coesione con se stessi, trasformarsi in un allontanamento dal mondo, capace di portarci in stati di solitudine, paura, rifiuto.
Insomma, dobbiamo concludere che la scintilla non è la passione.
Lo Scopo
Viene allora da pensare che quella scintilla possa essere lo “scopo di vita“.
Diciamocelo: viene da pensare che la scintilla possa essere quel contributo unico – che ognuno di noi è – da portare nel mondo, una specie di “missione personale”.
Ne è convinto anche Joe, quando ne parla con alcuni “guardiani” di queste dimensioni a metà tra la vita e la morte.
Eppure… la risposta che ottiene è allo stesso tempo leggera e profonda: “Non assegniamo scopi, come ti è venuto in mente? La scintilla non è lo scopo di una persona. Oh, voi mentori e le vostre passioni, i vostri scopi. Così basici…”.
Personalmente non ho mai amato l’idea di una “missione” intesa come “destino già scritto” e solo da incarnare ed ho sempre pensato che, se esiste un multiverso, allora esistono sempre moltissime possibilità e, quindi, non abbiamo un destino ma delle destinazioni possibili tra cui scegliere.
Se vuoi approfondire un po’ il tema dello Scopo di vita, ho recentemente scritto un articolo che ne parla, attraverso la filosofia giapponese dell’Ikigai.
Il Senso
Arriviamo alla fine del film senza avere una risposta precisa e definita, per cui possiamo solo fare le nostre teorie sul messaggio di fondo di Soul.
La scintilla è semplicemente “il senso del vivere“.
O almeno questa è la mia teoria. Qualcosa di non univoco, che si appoggia su un insieme di sensazioni come quella della gioia, della meraviglia, ma anche il piacere (il gusto di un boccone di pizza).
Ad un certo punto sembra che il “senso” possa essere quasi un “saper apprezzare il bello della vita”.
E personalmente credo che sia proprio così, ma mi piace individuare anche qualcos’altro, in questo film.
D’altronde, anche le ricerche sulla scienza della felicità, indicano come il “savoring” possa aiutarci a migliorare la qualità della nostra felicità edonica, quella che si sviluppa in relazione agli eventi e che – in qualche modo – fa riferimento alla nostra genetica ed ai modelli appresi.
A tale proposito, ti ricordo che la felicità può essere edonica (emozioni di poca durata) o eudaimonica (una competenza da allenare) e che alcune ricerche di natura epigenetica della Lyubomirsky, dimostrano che possiamo agire sulla nostra felicità in modo attivo (50% del totale è dato dai comportamenti appresi, il 10% dagli eventi esterni ed il 40% da pensieri, emozioni ed azioni).
Oltre alla capacità di assaporare il momento, però, ci sono altri temi che co-partecipano alla possibile costruzione di senso del vivere. Alcuni di questi sono menzionati nel libro “The Power of Meaning” (in italiano: “Cercare la felicità non rende felici. I quattro pilastri per una vita ricca e appagante“) di Emily Esfahani Smith, sul quale ho scritto un intero articolo, che parla di: scopo, narrazioni, trascendenza e relazioni.
Potremmo quindi dire che una ricerca del “Senso” del vivere, di quella “scintilla”, potrebbe passare da:
- savoring: capacità di godere appieno della vita, momento per momento;
- relazioni di valore: ovvero l’empatia e la gioia di stare insieme ad altri, di costruire qualcosa di bello insieme o anche solo ascoltarli per scoprire il loro mondo;
- narrazioni di potere: le storie che raccontiamo e che ascoltiamo, quegli estratti di vita nostra ed altrui che sono capaci di nutrirci, meravigliarci, emozionarci (qui un interessante TedTalk di Lori Gottlieb, sul valore delle narrazioni);
- trascendenza: quei momenti di metafisica bellezza impronunciabile, in cui ci sembra di poter dire di aver afferrato il senso della vita, quei momenti di meraviglia, quelle sospensioni quasi ascetiche verso qualcosa che sta “oltre” ed è inenarrabile.
Ecco… il Senso del vivere è qualcosa che sta sempre oltre: oltre le parole ed il dicibile, oltre l’afferrabile, oltre il percepibile; eppure sa come entrarci dentro, invaderci ed infondere in noi una gioia sottile ed un profondo senso di pienezza.
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