
I racconti di Alice sono – come Carroll stesso ammette – dei nonsense. Certo c’è un particolare esercizio di stile (rinvenibile in particolar modo nella forma in lingua originaria), ma non necessariamente una ricerca di “significati segreti”. Quelli ce li mette – in particolar modo, ma non del tutto – Disney, con “Alice nel Paese delle Meraviglie“.
Il tema di cui ci occupiamo oggi, nel dettaglio, è quello del doppio Cuore: passione o memoria di sé?
Il cuore passione
Chi rappresenta il cuore, nel racconto, è – di nome e di fatto – la Regina di Cuori. Il suo modo di procedere è perfetto per descrivere le modalità di un tipo di cuore che conosciamo bene: il cuore passionale.
Quale altro impulso, se non la passione del cuore, ci porta ad “essere senza testa”?
E questo è il messaggio che ci viene donato così splendidamente da questa Regina che per un nonnulla perde la testa e la vuole far perdere a chiunque.
In un cuore passionale, quindi, non c’è spazio alla testa: non c’è memoria di sé, non c’è rispetto dell’altro, non c’è nulla all’infuori di una fiamma folle, che tutto divora. È quello che accade in molti innamoramenti: ci si invaghisce e si perde il senno, dimenticandosi di sé.
La memoria di sé
L’altro aspetto del cuore che viene espresso nella fiaba è rappresentato proprio da Alice. Anzi, dalle due Alice: perché se prendiamo il cartone Disney, ne abbiamo una che dorme e una sveglia.
Nelle premesse del primo libro Carroll sembra fare un’allusione al fatto che, in questo viaggio onirico, folle, immaginativo e al di là di ogni confine della realtà, è necessario che “qualcuno” si ricordi di sé. Non è un caso allora, forse, che anche la MTC (Medicina Tradizionale Cinese) pone la memoria nel Cuore: il cuore non è solo passione, è anche l’unico centro in cui possiamo creare una “identità non razionale e non egoica”, un “centro di gravità permanente”, che ci permette di riconoscere e sapere quel che siamo, nonostante ciò che accade attorno a noi.
Alice si oppone alla Regina di Cuori. È l’unica che ha il cor-aggio (cor-habeo) di farlo, l’unica che conosce la profonda necessità di ricordarsi di sé: se si vuole stare nel cuore, bisogna anche fare in modo che esso sia il tempio della nostra essenza, altrimenti saremmo continuamente – e solo – dei “senza testa”.
Cuore e Amore
Nonostante io pensi che “Amore non è un verbo da coniugare” ma uno “stato dell’Essere”, noto che nelle fasi di innamoramento, spesso, perdiamo Alice: viviamo la passione e la pulsione erotica e sostituiamo l’altro a noi stessi. Quando accade, naturalmente, tutto cade, perché di fatto il tuo Uni-verso non ha più un centro.
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