
Esiste un tipo di pensiero, che va inserito di regola nelle modalità del pensiero divergente, che ti permette di prendere delle informazioni che hai già, rimetterle in discussione e poi creare nuove possibilità da quelli che erano schemi e limitazioni di pensiero.
Ci sono idee con cui ragioniamo continuamente, ma sono vuote.
Magari vengono da schemi culturali, da un’educazione, dalla conoscenza acquisita nel corso degli anni, e sono idee “prese come vere” mai sperimentate o messe alla prova. Sono idee vuote: si reggono su credenze, ideologie, convinzioni.
Quando passiamo in quelle zone, il ragionamento vacilla e si perde in un baratro, diventa incapace di fornirci risposte valide. In quelle zone il pensiero si ferma, viene confinato da quel vuoto.
Per immettere un po’ di creatività, di apertura, in questi sistemi chiusi e andare oltre, verso una maggiore possibilità di trovare idee ed opzioni d’azione, si può usare il pensiero ricombinatorio, che – come fosse un gioco – ci permette di rielaborare idee, concetti e narrazioni, per trarne punti di vista diversi, più aperti, nuovi.
Ricombinazione
La ricombinazione è semplice: si prendono delle informazioni che si hanno già e si combinano in modo diverso.
Questo è un modo di agire tipico anche della fantasia, che tende a mescolare immagini diverse per crearne di nuove: l’immagine di un toro con quella di un uomo, diventa il minotauro.
Sapere stimolare il pensiero in modo combinatorio è utile perché permette di generare idee senza il bisogno di acquisire nuove informazioni.
Ricombinazione e creatività
Essere creativi è per tutti: perché non si intende la creatività manuale (tipica degli artisti), ma la capacità di pensiero divergente (o laterale).
Ma cosa vuol dire pensare in modo creativo?
Una definizione interessante è quella di considerare la creatività come un modo di pensare per generare idee nuove e utili (definizione che ne dà anche Annamaria Testa nel suo blog “NeU – nuovoeutile“) e portare il pensiero oltre i confini della logica.
Naturalmente si intende che un’idea è nuova, quando non c’era prima, e utile quando risolve un problema reale.
Nel 2004 Umberto Eco parla di creatività definendola una “ars combinatoria“ (qui un bell’articolo sempre su NeU) e quasi cento anni prima Henri Poincaré ha usato una definizione molto simile. Questo perché la capacità di ricombinare delle informazioni è di diritto una tecnica di pensiero divergente perché ti permette di pensare fuori dagli schemi, di portare il pensiero oltre le strutture cognitive pre-codificate.
Ti permette di ampliare il pensiero, scorgere alternative e opzioni possibili che magari non avevi considerato, per poi poter agire in modo più libero.
Pensiero Ricombinatorio in pratica
Mi piace considerare il pensiero ricombinatorio uno dei modi di pensare che sono utili alla filosofia, perché tra le sue componenti c’è il “mettere in discussione” la conoscenza già acquisita. Questa messa in discussione permette di:
- rivalutare le idee che davamo per consolidate e magari, smontandole, di scoprirne delle fallacie o delle ulteriori prospettive;
- ridurre ai minimi termini dei concetti per vederne gli elementi e comprendere se essi sono messi a sistema in modo corretto;
- giocare con le idee, smontandole e rimontandole in modo diverso.
Esistono molte tecniche e strumenti possibili da usare per ri-combinare le idee. Tecniche che stimolano l’emisfero sinistro (logico – razionale) come le tabelle (in cui fare elenchi di parole e sinonimi, da interscambiare tra loro), o tecniche di pensiero divergente più idonee all’emisfero destro, deputato anche all’immaginazione.
“La logica ti porterà da A a B, l’immaginazione ti porterà dappertutto” – Einstein
Pensare “Underground”
Nella mia esperienza ho avuto modo di codificare un metodo di pensiero ricombinatorio che si chiama “Le Stanze dell’Immaginazione Underground” e lavora in fasi:
- in primis utilizza gli strumenti dell’indagine filosofica (le domande) per portare a focus il problema;
- in secondo luogo si avvale del pensiero narrativo per dare spazio alle dinamiche interne al problema e individuarne gli elementi (che saranno poi quelli da ricombinare);
- infine si affida al gioco e all’immaginazione per le ricombinazioni.
Che tu abbia uno strumento o un altro, l’invito è il medesimo: giocare a ricombinare le idee.
A me è piaciuto iniziare dalle idee che avevo più vicine, quelle che più spesso capitavano nei miei pensieri o ragionamenti e che mi portavano a pensare in determinate direzioni: ideologie, credenze e convinzioni.
Oppure tutte quelle parole che davo per scontato, come la parola “anima”, che ho utilizzato per anni (anche nel libro Underground ne parlo) e che poi, attraverso un lavoro di “smonta e rimonta” sono riuscito a vedere da un’altra prospettiva, più grande.
Ed è questo il grande valore del pensiero ricombinatorio: rimescolare le carte per avere una visione più grande e maggiori possibilità di pensiero e di azione.
Molto interessante Matteo,grazie! Una domanda..Le stanze dell’immaginazione Underground necessitano di una attivazione come le “altre” stanze? Se no, si può cominciare dalle Underground per fare in un secondo momento le prime ?
Ciao Elena e grazie di aver letto l’articolo e commentato ^_^
Allora: le Stanze Underground NON hanno bisogno di un corso. Certo, nel workshop io do una mano personalmente a procedere fase per fase, ma non è necessario.
Nel libro trovi tutte le info, anche se – come anticipavo – con le parole che usavo all’epoca: parlavo di anima e di “trama”, piuttosto che di possibilità (intese come orizzonti e prospettive) e di tecniche di pensiero.
Il contenuto, il tipo di lavoro (attraverso il gioco) e la struttura restano identiche.
Grazie !!