
Il futuro è trasversale: l’iperspecializzarci ci ha portati agli algoritmi, alle intelligenze artificiali, all’internet delle cose. Molti iper-specilizzati potranno essere rimpiazzati da macchine che sapranno svolgere le loro stesse mansioni e funzioni in modo più veloce ed efficace. Il futuro è dei “contaminati interdisciplinari”.
Essere o divenire iper-specializzati in una determinata mansione o funzione professionale e quindi diventare un “punto di riferimento” per una nicchia specifica di interessati, sembra essere una delle necessità nel mondo del lavoro di questi tempi.
Non ho mai saputo se sentirmi in accordo con questa idea: ho un modo di intendere le cose che mi porta a considerare un valore la trasversalità, alla quale abbiamo dato o abbiamo potuto dare una lunghissima serie di nomi, come l’essere “rinascimentali” o – più recentemente – “multipotenziali”.
È importante sapere come muoversi, Pensare Futuro, se si vuole essere pronti per il domani. Ecco perché in questo articolo ti parlo di vantaggi e svantaggi dell’iper-specializzazione e dell’essere contaminati interdisciplinari.
Il mondo del lavoro
Inquadrare il mondo del lavoro di oggi è complesso: una volta si poteva fare affidamento su delle categorie, su dei lavori che potevano essere ben riconosciuti e distinti, che si credeva sarebbero durati in eterno, ma ora… molti lavori spariscono, nuovi appaiono e altri cambiano in modo vorticoso.
Il ritmo dei cambiamenti segue quello della tecnologia e delle scoperte scientifiche, variando anche in relazione alle grandi decisioni politico-economiche e ad eventuali situazioni di emergenza.
Di certo si possono dire poche cose:
- il mercato del lavoro vede molti settori “intasati” (moltissime persone che svolgono mansioni simili);
- il sistema educativo non ci prepara: non sempre riesce a fornire gli strumenti necessari per affrontare il mondo del lavoro;
- le organizzazioni presentano spesso un modello gerarchico, lento e inadatto ad una realtà mutevole, dove poi si vive un aumento dell’interesse verso il welfare;
- c’è un profondo scollamento tra le mansioni che le persone svolgono e la loro identificazione in un “ruolo che abbia un senso” (e non è una novità, ne parlava anche Marx);
- un progresso tecnologico rapido a tal punto da essere estinto prima di essere di moda – così veloce che spesso chi si appoggia oggi su una tecnologia (chi la studia, ad esempio, o aziende che navigano sull’onda di uno specifico settore – Kodac / Nokia), può trovarsi fuori gioco in un istante.
Un groviglio, quindi, che cerca di stare al passo con i tempi, ma è sempre in ritardo o è inadeguato.
Iper-specializzazione
È proprio in questo caos che è stato necessario provare a distinguersi.
Distinti o Estinti
-Beau Toskich
Ricordo ancora le parole che sentii nel lontano 2010, quando “specializzarsi”, rendersi “unici” era uno slogan nascente. Si puntava sul servizio, su tutto ciò che sta attorno al prodotto, insomma. Si stava iniziando a cercare – questo il mio punto di vista – ciò che poteva darci un “vantaggio competitivo”.
Da qui una delle possibilità: l’iper-specializzazione, ovvero la spinta a diventare il “guru” di un singolo settore di interesse. Per dirla scherzando: io mi occupo di “vernici metallizzate per auto sulle tinte di giallo”, tu di quelle blu.
Su questa spinta abbiamo selezionato una sola skill (categoria) su cui concentrarci, cercando le performance ottimali, creando metriche e numeri, automatizzazione e intelligenze artificiali: più siamo veloci, più siamo i primi a sapere una cosa e a poterla comunicare, più siamo puliti nei processi, meno ci costa il lavoro e più possiamo “portare a casa”.
Ma, come capita per tutte le cose, c’è sempre un “lato oscuro”.
Contaminati Interdisciplinari
Abbiamo perso di umanità.
Eccolo, il lato oscuro, detto semplicemente: ritmi oltraggiosi, orari indecenti, una cultura che premiava (fino a qualche anno fa) il sacrificio del tempo personale a fronte di quello del lavoro.
Ci sono due risvolti positivi a questa situazione, che possono essere riassunti con i termini di una “rivalutazione dell’unicità umana”. In pratica questa avviene in due direzioni:
- da una parte il rinnovato interesse etico / sostenibile
Ovvero la spinta a recuperare il valore della vita, attraverso l’operato delle organizzazioni (sarà tema di un altro articolo).
. - dall’altra parte la necessità di rivalutare le skill che gli automatismi non possono emulare
Ovvero il rinnovato interesse per la filosofia, le capacità di pensiero, di creatività e di visione sistemica e trasversale. Come anche la capacità di ascolto, di cura, di empatia.
È proprio questo il terreno di quelli che sono stati chiamati “contaminati interdisciplinari”: persone capaci di creare link tra più situazioni e di avere visione.
“I lavori attualmente sicuri sono quelli difficili da definire”- Anders Sandberg, ricercatore al Future of humanity institute
Sono quelli che in un Ted la Emilie Wapnick definisce col nome di “multipotenziali”, coloro che non sono e non possono essere codificati, inseriti in un contesto specifico, coloro che – magari – oggi soffrono perché non riescono a trovare la loro giusta collocazione: hanno imparato molte cose differenti e sono restii/e a disfarsene, hanno collezionato esperienze, hanno capacità critica e sistemica di pensiero, sanno guardare lontano, sanno intessere relazioni di valore, sanno ascoltare e comprendere, prendersi cura dell’altro.
Skills interdisciplinari
Per avere qualche idea di quali siano alcune delle skill per il futuro, sbirciamo anche nell’articolo del Sole24Ore da cui ho tratto questa riflessione, e troviamo:
- pensiero sistemico
La capacità di apprendere e pensare in orizzontale, tra più settori e aree di competenza differenti. È la capacità della “transilienza” citata da Clarke, quello che io chiamo il pensiero visionario.
. - pensiero critico
La capacità di risolvere problemi di grande complessità. La complessità data non solo da tempi veloci, ma soprattutto dalla coesistenza di più sistemi in interazione tra essi, per i quali è utile saper pensare in modo sistemico e critico.
. - trasversalità
Capacità – come dice bene il nome – di creare non solo rete di persone, ma anche di conoscenze e competenze, mettere insieme, includere e non escludere, mescolare. Una delle abilità necessario per un pensiero creativo e laterale. È anche il luogo di espressione delle skill relazionali come ascolto e empatia.
. - pensiero laterale
Essere capaci di spaziare, giocare, creare. Qui l’elemento più importante, un altro di quelli per i quali non possiamo essere sostituiti da un’IA o da un’automazione, è l’Immaginazione.
Il mio parere personale è che questo momento storico, con tutte le sue coordinate, ci sta indicando la necessità di un ritorno all’umanità, meglio ancora alla Specie, meglio ancora alla Vita: negli scopi, nelle attenzioni, come centro del pensare e del fare.
Grazie Matteo ..con questo articolo mi hai dato speranza! Io che ho sempre pensato di essere “inconcludente” e mai “al posto giusto”.
Ma GRAZIE a te per il feedback ^_^
Mi è piaciuto molto questo approfondimento sul valore di un approccio professionale che si potrebbe definire “molteplice”. Non si tratta soltanto di valorizzare professioni non facilmente definibili con delle etichette, ma del valore che sta monte: l’elasticità della mente umana. Essere una macchina da performance non serve granché.
Grazie.
Grazie a te, Fabio, per aver dedicato tempo al mio lavoro e per il feedback!