
Come impronte sulla battigia, le stories dei social network sono testimonianze che spariscono in fretta. Raccontano un’umanità sparsa a caso e mostrano frammenti di tentata società. Sono miti a bassa intensità, entro cui è difficile trovarsi e facilissimo perdersi.
Fai un post che sparisce dopo qualche ora. Magari pochissimi istanti, come accadeva con Snapchat, magari 24h come con le stories di Facebook e Instagram.
In quei frammenti, infatti, si pensa di dare il massimo di “realtà individuale possibile”: dato che sono veloci, che sono pezzetti di racconti, come possono essere falsi? Sono nati, con tutta probabilità, per coinvolgere le persone nella tua vita, nei singoli momenti della tua realtà. Eppure si sa in modo del tutto ingenuo che per molti c’è dietro una preparazione.
Il problema è che questa modalità, l’accesso ipersemplificato ad una tecnologia che usa queste filosofie, ci sta cambiando modo di pensare, vivere, essere.
Miti, storie e intensità
Ricordo mia madre che mi leggeva l’Odissea come “fiaba della buonanotte”. Ricordo la passione con cui questi racconti di eroi, uomini e dèi, si intrufolavano sotto le mie coperte e tormentarmi le notti, piacevolmente. Ho sempre amato le dimensioni fantastiche e ad oggi ne riscopro il valore: creano storie di profondità.
Erano perfette occasioni per mettersi alla prova, conoscersi, perdersi e ritrovarsi ad un livello maggiore di consapevolezza. Erano viaggi di conoscenza, maturazione e anche iniziazione.
Ne ho parlato diffusamente: la fiaba e il mito non sono SOLO fiabe, ma veicoli per i viaggi della coscienza, in cui essa – a volte senza nemmeno saperlo – si scopre e si forma.
Fiabe e miti sono narrazioni ad alta intensità, per usare una formula che ha ideato Peppino Ortoleva nel suo “Miti a bassa intensità“.
Mentre non ho mai capito a fondo la logica delle stories, che siano di Facebook, di Instagram o di qualsiasi altro social network. D’altronde non capivo nemmeno il senso di Snapchat, quando ebbe il suo momento di migliore successo: come fa ad essere in qualche modo utile o interessante un tuo contributo che dopo pochi istanti svanisce? Possiamo chiamarle “storie a bassa (o nulla) intensità”.
Miti, storie e pensiero
Che cosa accade con questo cambio di paradigma? È qualcosa su cui puoi passare senza pensieri o nasconde qualche trama di cui dovresti sapere?
C’è qualcosa che è bene tu sappia:
Storie, narrazioni, fiabe e miti contribuiscono (così come la lettura in sé) alla creazione di forme, di sistemi di pensiero, di un vocabolario col quale poi sei in grado (o meno) di conoscere e riconoscere fenomeni e creare/modificare il tuo mondo.
Immagina cosa accade, ad esempio, se segui le vicende di Odisseo. Inizialmente non comprendi: lo spostamento di mentalità che devi fare ti richiede un piccolo sforzo. E già lì, in quel dato momento, entrano in atto due funzioni importantissime per te: desiderio (di scoperta) e impegno intellettivo. Hai fatto solo un passo al fianco del tuo eroe e già hai compiuto “un grande passo” per la tua umanità.
In seguito ti appassioni. Cade il mentalismo del capire (dato che un mito va solo amato e seguito) e si apre un processo di conoscenza del tutto nuovo e utilissimo: l’Immaginazione. Da quel momento ha inizio il viaggio della coscienza, che non solo seguirà le vicende, come farà il tuo cervello, ma le vivrà propriamente, permettendoti di conoscere parti di te, funzioni della psiche e di formare il tuo essere, l’etica, il desiderio, il senso di sé, della società e della Specie.
Il tuo pensiero si allena a manipolare – passami il termine – sistemi complessi di idee, ove è possibile la compresenza di opposti: dèi che amano e che si vendicano, eroi che non rappresentano “solo il bene”, ma una vasta gamma di sfumata umanità; ecc… Inizi a comprendere la complessità della realtà e ad allenare la capacità di scoprire l’altro e le cose, non solo dal colpo d’occhio o dal sentito dire, ma attraverso un processo che chiamerei “di esperta pazienza“.
Tutto questo, leggendo storie complesse, ad alta intensità.
Non mi sembra poco.
Bassa intensità, cinema e stories
Con le stories dei social network ed anche con parte del cinema di oggi, invece, abbiamo un netto rovesciamento del sistema, che troviamo anche insito nella filosofia degli smartphone e di tutta la tecnologia “supersemplificata”, che invitano a pensare poco, male e con superficialità.
Anzi… ad oggi sembra che “pensare” sia il nemico. Negli ambiti spirituali si fa in fretta ad etichettarlo come “mentale”, sbagliandosi di grosso e iniziando a rinunciare ad uno dei doni più grandi – in quanto a libertà – che abbiamo. Pensare non è mentale, anzi: è una potente via di meditazione occidentale (ne parlo qui: “Il Pensare come Meditazione“).
Cosa avviene, quindi, con questo atteggiamento?
Naturalmente l’opposto di quanto indicato prima: le capacità dell’individuo si assottigliano, non riesce più a seguire sistemi e dialoghi complessi, non li sa più formulare e il suo pensiero rimbalza contro la superficie delle cose.
Una superficie data – come ricorda Baricco in “The Game” – dai tasti colorati dello smartphone. La filosofia è semplice: rendiamo tutto come fosse un “gioco / the game” perché il gioco lo comprendono anche i bambini.
È una specie di iniziazione, anche questa, ma della quale approfittano in pochi: chi si spinge, dopo il “sonno da tastiera assistita”, a comprendere cos’altro c’è dietro quel mondo fatto di luci e colori? Chi va – come un’Alice con lo specchio – dietro la testiera luminosa dello smartphone a scoprirne i misteri?
Sono in pochi, forse pochissimi. Ma a loro spetta un destino grandissimo: hanno vinto la sfida col demone, superato il veto del Guardiano della Soglia, di questa iniziazione digitale. Raggiungeranno la maturazione digitale e ne saranno liberi, non più – un po’ come è per i bambini – schiavi.
Al di là dello schermo
Chi supera la superficialità delle stories, ritroverà se stesso. C’è un evidente perdersi, in questa frammentazione, che non è solo individuale ma anche sociale: cerchiamo di comprendere chi siamo, sparando salve a caso nella rete e vedendo cosa risponde con like e condivisioni. Cerchiamo un volto in una eco digitale, come Narcisi di fronte a cristalli liquidi.
L’identità è in continuo scacco, online. L’identità e la “posizione”, il ruolo sociale, il perché dell’uno e dell’uno-tra-molti, insomma, sono stati scassinati. Non si sa chi si è, dove si sta (perché di fatto non si è più da nessuna parte e al contempo si è un po’ ovunque), dove si va e come comportarsi.
In questo caos di informazioni arrivano i nuovi santoni, i guru dell’identità, con un nome che sa più di malattia che di altro: gli influencer. Loro, accompagnati dai media, le fake news, la social-politica, sono il carburante del pensiero e dell’identità della gente che non ha superato la superficie.
Identità, tra immagine e somiglianza
Tu non sei tu: sei quello che ti viene detto. Sei ad immagine e somiglianza di immagine e somiglianza, sei specchio della superficie di un altro specchio o – peggio – dello schermo di un telefonino.
Non avendo “un dio” a cui assomigliare, non avendo storie complesse, non hai una tua identità: non hai scalato i picchi innevati e le oscure grotte alla ricerca del sé, hai optato per comode sabbie al mare, con occhiali da sole e telefonino. Ma le sabbie erano mobili e ti hanno inghiottito.
Chiudo. L’invito è a nutrirti di storie ad alta intensità, ad abbandonare i lidi assolati dove c’è ressa e confusione, mescolanza insensata di condivisione forzata e raggiungere i luoghi più bui. Non per il fresco, ma per scoprire il dietro le quinte del telefonino, quel luogo – mitologia per alcuni – che chiamiamo “realtà” e poi andare ancora un po’ oltre, negli spazi dell’Immaginazione.
Per approfondire:
➠ Fiabe (TAG)
➠ Pensare come Meditazione (ARTICOLO)
➠ Alice attraverso lo specchio (ARTICOLO)
➠ Il Guardiano della Soglia (ARTICOLO)
➠ Fiabe e viaggi immaginali (ARTICOLO)
➠ Fiabe e Miti: confini e vie per la coscienza (ARTICOLO)
➠ Immaginazione e Evoluzione (ARTICOLO)
➠ Mitologie del presente e dei tempi che verranno (ARTICOLO ESTERNO)
(recensione di Valerio Pellegrini al libro “Miti a bassa intensità” di P. Ortoleva, su quadernidaltritempi.eu)
➠ “Miti a bassa intensità”, Peppino Ortoleva, Piccola Biblioteca Einaudi (LIBRO)
➠ “The Game“, A. Baricco, Einaudi Editore (LIBRO)
➠ “Sapiens“, Y.N. Harari, Bompiani (LIBRO)
➠ “La terapia come narrazione“, M. White, Astrolabio (LIBRO)
➠ “Le Storie che curano. Freud, Jung, Adler“, J. Hillman, Cortina Raffaello (LIBRO)
➠ “Donne che corrono coi lupi“, C.P. Estès, Sperling & Kupfer(LIBRO)
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