
La storia fantastica di Maleficent, nella Bella Addormentata, racconta un mito antico, del popolo Tsimshian, sul rito del dono e del riconoscimento.
Nelle mie attuali ricerche antropologiche, in particolare quelle sul tema del dono (con Marcel Mauss “Saggio sul dono“), mi sono imbattuto in una pratica – il potlàc – che racconta pratiche culturali e sociali di scambio, con una profonda radice socio-culturale e economico-magica.
Il potlàc avviene sempre attraverso cerimonie pubbliche alle quali è importante essere invitati. Qualora ciò non accadesse, così come racconta Malefica della fiaba della Bella Addormentata Disney, possono capitare cose terribili.
Una teoria del dono
Nella nostra cultura conosciamo una teoria del dono assai carente, che tendenzialmente vediamo agita nelle occasioni di festa: dato che è una tua festa (compleanno, battesimo, matrimonio), allora ti porto un dono.
Dalle ricerche portate su queste culture (in particolare delle zone oceaniche come Polinesia e Melanesia) è stato possibile dedurre una più approfondita teoria del dono, più complessa del solo “donare”.
I passaggi fondamentali dell’atto di donare sono, infatti, tre:
- donare;
- ricevere;
- contraccambiare.
Lo so, probabilmente fino a “ricevere” avresti potuto essere in accordo, ma sul tema del contraccambio probabilmente ti si sono accese delle spie rosse d’allarme. Eppure è così.
Il potlàc
Quindi: un dono, per essere “sano” (diciamo così) ha bisogno di essere contraccambiato. Non ci sono altre regole: non c’è una obbligatorietà temporale, ad esempio. L’importante è rispondere con un valore simile, meglio ancora se più elevato di quanto si è ricevuto.
Devi sapere, infatti, che il potlàc ha caratteristiche simili ad una sfida, una lotta a chi può permettersi doni sempre maggiori. Eppure, anche se così riletto sembra qualcosa di estremamente negativo, questa funzione ha in sé qualcosa di profondamente magico: non è possibile fare a meno di scambiare e né di restituire i doni, perché è l’anima stessa degli oggetti a guidare gli individui allo scambio.
Esattamente: le cose hanno una loro Anima, una specie di forza magica – chiamata mana.
È una specie di volontà, o quantomeno un attrito, una gravità, che induce i possessori a fare delle azioni affinché essi (gli oggetti) possano tornare ai loro padroni o luoghi naturali.
L’invito, Maleficent e il ri-conoscimento
Queste occasioni cerimoniali del potlàc sono talmente importanti che non essere invitati ad esse equivale ad un’onta incredibile: immagina che la tua famiglia festeggi il matrimonio di tuo fratello / sorella e tu non ricevi un invito, come lo vivresti?
È ciò che è accaduto a Maleficent della Bella Addormentata: la fata cattiva Malefica non viene invitata alla festa di Aurora e quando giunge – inattesa da tutti – porta il suo dono: sventura.
Vediamo se trovi similitudini col mito Tsimshian:
una principessa, nel villaggio delle Lontre, partorisce un bimbo, miracolosamente, e lo chiama “Piccola Lontra”.
Tornata al villaggio col padre (il capo – che aveva il potere di indire il potlàc) organizza la cerimonia affinché tutti conoscano “Piccola Lontra” e per chiedere loro di averne cura e non ucciderlo. Ma ci si era dimenticati di invitare un capo, che un giorno incontrò “Piccola Lontra” e lo uccise per prenderne il cibo appena catturato.
Come noti, ci sono moltissime assonanze con Malefica: non era stata invitata e, quindi, uccide Aurora (la addormenta).
Questo mito ci conduce alla chiusura con una riflessione non solo sul valore del dono, ma anche verso l’interezza della cerimonialità del dono: il “contraccambio” e l'”invito” non sono solo passaggi di tipo economico, ma anche rituali magici che ci permettono di ri-conoscerci.
Se il capo fosse stato invitato, avrebbe ri-conosciuto “Piccola Lontra” e non lo avrebbe ucciso. Avrebbe contraccambiato il valore ricevuto in quell’invito a partecipare di un dono.
Lascia un commento