
Le Fiabe raccontano di te: i personaggi rappresentano funzioni della psiche, i paesaggi sono luoghi di coscienza da esplorare e le avventure sono viaggi di conoscenza e formazione del sé. Lo dicevano anche Jung, la Clarissa Pinkola Estès, Hillman, Campbell e lo dice anche Sibaldi.
Parlare di Fiabe significa parlare di sé. Leggerle significa conoscersi, esplorarsi e fare un vero e proprio viaggio di evoluzione personale.
Scopriamo cosa ne dicono grandi personaggi della storia, come Jung, Hillman, Campbell, la Estès e Sibaldi e facendo con i personaggi delle fiabe, un viaggio nell’immaginazione.
Che cosa è una Fiaba?
Un racconto, spesso di luoghi, personaggi e vicende fantastiche, ma non solo.
Anticamente il mito (la grandi opere mitografiche come quelle di Omero) era non solo il primo tentativo di filosofia e di scienza operato sui fenomeni naturali “inspiegabili”, ma anche il metodo migliore per tramandare una tradizione.
“Noi siamo stati avvelenati dai racconti di fiabe”
– Anaïs Nin
Conoscenza, gestualità sacre, riti.
Quello che oggi chiameremmo “religione”, “società”, “legge”, una volta erano i miti, con i loro epiteti, le figure retoriche e tutti gli altri artifici immaginali per restare meglio impressi nella memoria, gli antichi miti contenevano non solo il pathos/emozione, ma anche l’epos, dal quale d’altronde arriva la parola “epica”, e che era l’insieme delle norme da seguire per praticare la virtù (personale e sociale | qualcosa ne avevo scritto anche sull’articolo “Eroi e SuperEroi [la caduta dell’Etica]”).
Una fiaba, quindi, non è mai “solo una fiaba”.
E’ sicuramente molto di più: è un connettore sociale, perché avvicina persone di età differenti, un veicolo per la tradizione, ma anche – e forse soprattutto – uno strumento di lavoro immaginale, perché permette alla Psyché (l’Anima) di compiere un viaggio della conoscenza incredibile, ben al di là delle Colonne d’Ercole.
Le funzioni della Fiaba: i personaggi
Nelle fiabe, come nei sogni, tutti i personaggi sono lo stesso personaggio.
Bisognerebbe ora chiedersi “che cosa sono i personaggi”, così da comprendere che cosa significa tutto ciò. E lo facciamo con un esempio molto semplice: la fiaba di BarbaBlù (ne prendiamo un estratto da un’autrice autorevole, Clarissa Pinkola Estés in “Donne che corrono coi lupi”):
“La storia di BarbaBlù riguarda l’uomo nero che abita la psiche di tutte le donne, il predatore innato. […] BarbaBlù rappresenta un complesso di profonda reclusione che si acquatta ai margini della vita di ogni donna e osserva, in attesa di un’occasione per contrastarla”
Con questo rapido esempio comprendiamo quindi due cose fondamentali delle fiabe:
- tutti i personaggi sono lo stesso personaggio: chi legge, la sua Psyché, l’Anima. Potremmo “osare” la parola “io”: tutti i personaggi sono “io”;
- ogni personaggio rappresenta una fase, una parte di un macro processo interiore che è rappresentato dalla fiaba stessa, specchio di quei miti secondo cui l’Anima cresce e si conosce.
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Ecco dove avviene il nostro “avvelenamento da fiabe”: ci hanno insegnato che le fiabe hanno una morale ma che sono “solo fiabe”. Eppure non è così: esse sono racconti dell’Anima e delle sue vicende.
Che li si incontrino nelle fiabe, nei miti, nelle storie ancestrali, nei racconti e nelle leggende, nelle chansons de gestes o nella più recente letteratura fantasy, e che con loro si avviino dei viaggi lunghissimi o solo dei piccoli passi, in ogni caso questi personaggi sono gli alleati più potenti dell’Anima.
Di fatti le raccontano di sé, di quei mostri (come il drago, l’Orco di Pollicino) che sono la nostra parte nascosta, l’ombra, il non ancora riconosciuto e, per questo, dotato di poteri magici.
La psicologia lo chiamerebbe “inconscio”, per uno sciamano questo è il “regno degli spiriti”, per un immaginalista queste dinamiche della Psyché, i personaggi e le loro fiabe, sono gli dèi.
“La strega incarna i desideri, i timori e le altre tendenze della nostra psiche che sono incompatibili con il nostro io” – Carl Gustav Jung
Il viaggio dell’Anima è un viaggio Erotico
Se per Jung la strega è la manifestazione (una delle molte) dell’ombra, per Igor Sibaldi invece, nel “Libro della Personalità”, rappresenta le culture sconfitte, una particolare funzione dell'”io che esce di casa” (sull'”io” e le personalità puoi leggere: “Che cos’è l’io? L’inevitabile viaggio delle esplorazioni dell’io”).
Una cultura sconfitta, come appunto furono le streghe con l’Inquisizione, rappresenta comunque un’ombra: è una zona di noi, dell'”io”, che rimane esclusa, preclusa, quasi espulsa con violenza, abortita, perché socialmente non riconosciuta.
L’ombra è sempre quello che di noi non conosciamo, non accettiamo per qualche motivo. Ma pur sempre siamo noi.
Ecco che, allora, le fiaba (ed i miti, il fantastico) ci vengono in soccorso e la vita di questi personaggi diventa quanto meno “salvifica”.
Tutte quelle vicende che nascondiamo nei cassetti, come direbbe Hillman, diventano psicosi, conglomerati di energia di qualche tipo (emotiva, di certo, ma anche psichica e talvolta fisica) che vogliono esplodere, uscire, venire allo scoperto, vivere. E talvolta lo fanno, con sintomatologie che chiamiamo “malattie”.
Senza una vita nel sogno, nella fiaba, nell’immaginale, a braccetto con i personaggi delle fiabe, i mostri, gli déi, non solo non è possibile una vita sana e felice, ma nemmeno una vita. Rimane solo una prigionia, quella dell’Anima.
Ecco perché è importante riconoscere gli déi qui, ora. Perché è importante la vita onirica, il sogno, l’immaginazione. Ecco che cosa dovremmo imparare dai bambini: vivere i ruoli dell’Anima. Vivere con emozione/pathos, così come accade nei sogni e nei giochi.
Innamorarci, anche dell’ombra, perché il viaggio dell’Anima è un viaggio erotico, di fusione, integrazione e disintegrazione delle forme, affinché ritornino al loro stato originario: immagine, sogno, mito.
Per chiudere, una riflessione da “L’Eroe dai Mille Volti” di Joseph Campbell:
“Freud, Jung e i loro seguaci ci hanno fornito l’irrefutabile dimostrazione che la logica, gli eroi ed i fatti del mito sopravvivono nel tempo presente. In mancanza di un’effettiva mitologia generale, ciascuno di noi possiede il proprio personale, intimo, elementare e tuttavia potente pantheon di sogni.
In questo stesso momento, l’ultima incarnazione di Edipo, i moderni protagonisti della fiaba della Bella e la Bestia, attendono all’angolo della Quarantaduesima Strada con la Quinta Avenue che il semaforo cambi colore” – J. Campbell
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So bene di cosa si parla… di quella sensazione che i personaggi siano tutti nostri, quella sensazione che non ti permette di identificarti col personaggio principale come richiesto da una società individualista e da una psicologia individualista dove la storia non ha il senso della comunità.
Salve Efisio e benvenuto nel mio blog.
Scusami se ti rispondo solo ora, ma sono spesso fuori per lavoro.
Ora… apprezzo anzitutto che hai letto l’articolo e che lo hai
commentato. Personalmente evito di “generalizzare”: non possiamo
sapere se “tutta la società e la psicologia” puntano ad un piano
di individualismo.
Comprendo comunque ciò che dici: c’è un’informazione latente, nei
piani pubblicitari, nelle leggi che vengono approvate e via, che
punta ad un individualismo.
Ora non seguo molto la televisione (da ormai 14 anni non l’ho in
casa) e non so bene che programmi, fiction o simili mandino in onda,
ma di certo – e lo diceva anche Nietzsche – c’è un forte richiamo
all’UberMunch (l’oltreuomo) in senso individualista.
Bene! Questo non far altro che favorire la crescita del senso, ahimè
mancante, di comunità. Quello stesso a cui aneli.
Per le favole, che dire? Ambasciator non porta pena… direi.
Nel senso che le favole ci portano insegnamenti antichi, e così i miti.
Si va in un “al di qua” del tempo antichissimo, si vanno a mettere i
piedi in una tradizione segreta. Probabilmente qualcosa viene anche da
culture di matriarcato.
E come ben sai, se oggi viviamo in una società patriarcale, organizzata
e divisa per gerarchi (piramidali), il matriarcato poneva tutto sullo
stesso piano e la donna-reggente ne era al centro, come il mozzo in una
ruota di carro.
Se vediamo Pollicino, ad esempio, ci sono fratelli che si salvano grazie
“ad un solo uomo”, e così la figura dei fratelli torna spessissimo: nel
mito addirittura nella triade Zeus, Poseidone, Ade; nelle favole con le
sorelle di BarbaBlù, le sorellastre di Cenerentola, e via dicendo.
C’è un senso di famiglia, di certo, e talvolta proprio di comunità (spesso
in favole africane o comunque raramente in quelle europee – che io sappia,
ma non le conosco mica tutte! ^_^ ).
Però la Favole, e qui finisco, sono strumenti di conoscenza dell’Anima e
delle sue tante vite nascoste nell’invisibile e quindi devono essere, per
necessità, individualiste: servono ad ognuno di noi per recuperare quel
personale ed intimo rapporto con il divino.
Ed una volta recuperato quello, di certo, dentro ci trovi la comunità e
non solo… c’è l’essere umano per intero, il pianeta, il cosmo ed tutto
l’Universo.
^_^
Bisogna essere pronti per iniziare questo viaggio… nel mezzo del cammin di nostra vita, come al giro di boa, il vero eroe è il sovrano che si possiede abbastanza ormai per addentrarsi..in consapevolezza senza la paura di perdersi o con abbastanza follia per farlo e lasciarsi recuperare… forse aprire quelle porte è anche un rischio se non si è attrezzati, per questo il Padre spesso ci lascia in spazi protetti dell’anima, ma credo che comunque sempre ci aspetti, come dalla finestra del capitolo 15di San Luca, ci attenda dopo la fame ed i porci (e le prostitute viste dal fratello maggiore)..per far festa in casa sua, casa nostra…. Mi sto chiedendo se può essermi sufficiente il Vangelo per questo viaggio, certamente mi è indispensabile, probabilmente anche sufficiente… ma voglio dare fiducia ad un amico, a te Matteo, per questi passi insieme nelle favole e nell’immaginazione..ora che sento vibrarmi dentro l’archetipo del sovrano, inteso come figlio amato, servo discepolo e amico di Cristo.. e mi piace esprimerlo qui, invocando su di noi l’Assistenza della Grazia..a Dio piacendo
Ciao Claudio e grazie di aver scritto (anche) qui ^_^
Sono d’accordo con te: il cammino è solo per cor-aggiosi.
Ovvero per coloro che hanno la forza di ascoltare il proprio cuore,
sapendo che potrebbe portarli ben al di là dei propri schemi, delle
congetture, delle convinzioni e delle certezze.
Qualunque sia “la strada”, bisogna farsi “camminatori”.
E ti sono grato di questo pezzettino di cammino insieme ^_^