
La mente, mente. Oggi sembra non si possa dire il contrario: la mente è bugiarda e bisogna smettere di “stare nel mentale”.
Ma che significa?
Anzitutto sembra che il mentale sia il pensare. Poi sembra anche che la mente sia dell’ego, forse la mente è addirittura essa stessa l’ego, e quindi bisogna evitare di pensare, così da non stare nell’ego. Bisogna stare nel Cuore. Ecco, la soluzione al mentale sembra essere quella di “stare nel Cuore”.
Ancora una volta: cosa significa?
Siamo i figli della New Age ed oggi – secondo me – ciò che è etichettato come “spirituale” soffre spesso della mancanza di profondità: si va avanti con frasi fatte (e non si sa nemmeno da chi), senza porsi un dubbio, senza sperimentare.
In questo articolo voglio mettere in dubbio che la mente mente.
E voglio dare un senso concreto allo “stare nel Cuore” (ma probabilmente mi servirà più di un articolo 😉 ).
“La mente è come un iceberg, galleggia con un settimo della sua massa al di sopra dell’acqua” – Sigmund Freud
Il Pensare è dell’uomo
Si potrebbe dire con sufficienza che il pensare è l’atto attraverso cui l’uomo pensa, e quindi produce o elabora pensieri.
Ad essere un po’ più sofisticati e sottili si potrebbe aggiustare la parola “pensieri” con “energia psichica” o “forme/agglomerati/insiemi di energia psichica”.
Ma cambierebbe poco, perché di fondo resta la certezza che siamo noi a pensare. I pensieri sono “nostri”, da noi prodotti o rielaborati (e per questo che si parla di una “proprietà intellettuale”).
E se non fosse così?
Nella storia del pensiero (che spesso coincide con la storia dei pensatori e quindi con la Storia della Filosofia) è accaduto più volte di incontrare l’idea che il pensiero non è dell’uomo. Ad esempio con Averroè che “rileggeva” Aristotele. E molto mi ha colpito trovarlo anche nel “Tao Te Ching” riletto da Richard Wilhelm, laddove traduce il termine “Tao” col termine occidentale di “Pensiero”.
L’uomo è del Pensare
Cosa vuol dire, però, ammettere che il Pensiero non è dell’uomo?
In definitiva significa pensare che il Pensiero abbia un altro pensatore o che non sia pensato affatto (passami il gioco di parole).
È un po’ come il discorso del web: esistono una serie di apparecchi (le coscienze individuali) che ricevono le informazioni e che, al tempo stesso, le riflettono indietro nella rete, modificandole in base alla propria frequenza. È quello che accade con un vetro colorato quando ci passa la luce: si modifica in base al filtro.
Ma gli apparecchi modificano una materia che era esistente, che arriva loro da un’altra parte, non la creano ex nihilo.
Secondo filosofie religiose questa fonte che “crea il pensiero” è sicuramente “Dio”. Ma per un filosofo scettico?
Iniziamo col pensare che esiste un Pensiero senza di noi e che magari non deve necessariamente originarsi da qualche parte. Potremmo anche avanzare l’idea che siamo noi ad essere al suo interno (dato che lo riceviamo, come l’etere per la radio) e che ne siamo “portatori sani”.
Il Pensare è del Cuore
La connessione a questa particolare frequenza, a questa rete di informazioni, è un particolarissimo tipo di “connessione”.
D’altronde col Pensare l’uomo entra in contatto con la materia invisibile che sottende alla creazione visibile e si può dire – in definitiva -che attraverso l’atto del Pensare si entra in contatto con l’Anima del Mondo.
L’atto del Pensare non è attivo, è ricettivo: come con la manopola della radio scegliamo la stazione, così avviene col pensiero. È per questo che posso dire che il Pensiero e l’Immaginazione sono la stessa cosa: sono l’ambiente, la sostanza invisibile, che unisce la coscienza individuale con l’anima invisibile delle cose, l’Anima del Mondo.
Ed ambedue parlano al Cuore, come ricordava Hillman: “è il cuore a pensare e lo fa per immagini”.
Affidarsi, oggi, alle filosofie “spicciole” che invitano a smettere di stare nel mentale, significa spesso smettere di pensare, perdendosi la connessione con l’Anima invisibile delle cose.
Mentre Pensare significa stare nel Cuore e rende vero quando si dice che “stando nel Cuore non si sta nel mentale”.
Il Pensare e il Mentale
Infine siamo finalmente in grado di discernere il pensare dal mentale: il mentale è un processo automatico, un automatismo, secondo il quale tutte le informazioni che arrivano dal pensiero vengono direttamente catalogate in base a quell’insieme di informazioni che abbiamo che è il nostro “mondo”.
Il mentale è il processo automatico del giudizio, che non ascolta l’alterità, non si apre alla ricettività dell’Anima del Mondo, non lo può e non lo sa fare. Il suo lavoro è un altro: deve catalogare le informazioni secondo una gerarchia rigida e duale (sì/no, giusto/sbagliato).
È il recinto di idee e convinzioni in cui ci siamo costretti a vivere, che crediamo siano effettivamente il nostro mondo, ed è allo stesso tempo il meccanismo che ci impedisce di uscirne.
Il mentale è il processo al termine del quale possiamo dire di avere “ragione” o meno e di fatto il suo muscolo è il ragionamento.
Ma il Pensiero è del Cuore, perché è il Soffio dell’Anima del Mondo.
Salve Matteo ti seguo da un po’ anche se non sono riuscito per ora a partecipare a nessun seminario, quello del Pensiero è un argomento che mi ha sempre affascinato, secondo me l’uomo non cosciente del Pensiero è pensato schiavo del turbine dei pensieri. E’ qui secondo me che la new age fa confusione, confonde il Pensiero con i pensieri. L’uomo non può non pensare. E’ nella sua natura. Ma una frase attribuita a Rudolf Steiner può chiarire questo, “Nel Pensiero che pensa sé stesso trova tu l’Io che si autosostiene”.
Buon lavoro
Salve Livio!
Anzitutto grazie per avermi scritto questo bellissimo commento e per “seguirmi” ^_^
Per il seminario, prima o poi, riusciremo. E grazie anche per il commento attribuito a Steiner… come al solito è una goccia di luce che va assaporata con pazienza.
Il Pensiero, per quello che ho avuto modo di notare e sperimentare finora, è una frequenza e noi ci siamo dentro. Come dici tu “impossibile non pensare”, perché noi stessi “siamo pensati”. Un conto, invece, è il mentale, il ragionamento, che significa passeggiare sempre tra gli stessi “pensieri” (o meglio ancora “concetti” – cum+capio, cioè forme pensiero che hanno preso una forma definita nel processo del giudizio e come tali sono considerabili come entità psichiche specifiche) senza mai uscirne.
Sì, la New Age ha permesso molto, ma ha anche lasciato molto sul superficiale.
Come è anche giusto che sia: ad ogni epoca i suoi percorsi e credo che noi siamo nel momento “della Verità”, con scienza e – chiamiamola così – spiritualità (meglio filosofia o anche in alcuni casi filosofia dello Spirito) che sempre più si avvicinano e permettono di uscire dalla sufficienza, per non “sapere” soltanto, ma per “divenire” ciò che siamo.
Bene… veramente, grazie per il commento e la frase attribuita a Steiner.
Buon lavoro anche a te!
Buona giornata, Matteo, molto interessante, da diffondere, grazie Rosanna
Grazie a te, Rosanna ^_^
Naturalmente: diffondi pure!
La mente che mente mi incuriosisce. Ritengo che effettivamente abbia senso ritenere che menta o possa mentire. Nell’articolo che riporto di seguito, illustro in mio modo di vedere la faccenda.
ADMIN – riassunto dell’opinione di Giuseppina Ranalli, ad opera di Matteo Ficara
Dato che le informazioni che noi consideriamo realtà sono la raccolta di dati oggettivi (raccolti dai sensi e elaborate dal cervello), tanto che all’invito di rappresentare la realtà, essa sarà rappresentata allo stesso modo da più persone; allora ne possiamo desumere che le modificazioni ad essa sono date dall’intervento della mente (apparato dei sistemi concettuali).
Quindi quando si incontrano due persone, quello che si confronta non sono due realtà ma due concetti. O, come direi io, due “giudizi”.
LA MENTE MENTE – articolo integrale di Giuseppina
Un concetto che appare insensato alla maggior parte delle persone, ma che è pieno di significato per chi ha intrapreso il lungo e difficile cammino della consapevolezza.
La comprensione dell’esistenza del fenomeno non aiuta però a ridurre l’influenza della mente nella nostra vita. Capire se una convinzione è una credenza (prodotta dalla mente) oppure se è il risultato della nostra riflessione è, di volta in volta, lo snodo da superare.
Sappiamo che i nostri occhi osservano la realtà che ci circonda e che il cervello elabora un modello virtuale: una sorta di fotografia dell’oggetto osservato. Salvo casi particolari, l’oggetto virtualizzato corrisponde al modello reale.
Dieci esperti pittori, partecipanti ad una selezione volta a individuare chi meglio raffigura con un pennello una mela, presteranno attenzione al frutto reale che è davanti ai loro occhi: forma, colore, presenza del picciolo, grandezza. Dunque, i loro dieci dipinti saranno, salvo piccole sfumature legate all’abilità manuale dell’esecutore, simili tra loro e simili alla mela oggetto dell’osservazione.
Un miope, sprovvisto di occhiali, ritrarrà il frutto con meno nitidezza, rispetto agli altri, tuttavia chiunque potrà ravvisare la somiglianza con gli altri disegni e con il frutto stesso.
Nella fase di virtualizzazione, dunque, il cervello (inteso come strumento fisico) non mente: tende a fornirci una immagine virtuale corrispondente all’oggetto reale.
Se la mela è posta all’attenzione di dieci individui a cui non è affidato il compito di doverla ritrarre, sicuramente l’attenzione ai particolari della mela (forma, dimensione ecc.) sarà meno accurata. Si diventa, come direbbe Eckart Tolle, meno presenti, ne consegue che la mente prenderà il sopravvento e inizierà ad arricchire l’oggetto virtualizzato con caratteristiche inventate. Basandosi su esperienze pregresse, potrebbe suggerire che il frutto è dolce o saporito o maturo o allapposo. La mela, virtualizzata dal cervello, subirà quindi il condizionamento della mente e il risultato sarà un’immagine meno corrispondente all’immagine reale. Infatti, lasciando la possibilità alla mente di divagare si presta meno attenzione all’oggetto reale al punto di non badare alle caratteristiche reali del frutto. All’occorrenza, la mente inventerà le caratteristiche non osservate.
Se quindi il cervello “virtualizza”, inserendo solo eventuali errori provenienti da difetti dello strumento “occhi”, come avviene per il miope, o altre difficoltà come la visibilità, la mente “concettualizza” fino a creare un oggetto con caratteristiche parzialmente o completamente inventate.
Occorre dunque impedire alla mente di interferire con la realtà osservata e non accettare nessun elemento che non sia oggettivamente riscontrato dai nostri sensi. E cioè, va contrastata l’ingerenza della mente praticando quanto più è possibile la presenza.
La difficoltà a impedire che una immagine virtuale sia trasformata in immagine concettuale diventa particolarmente ardua quando l’osservazione non riguarda un oggetto inanimato ma una relazione fra individui.
L’interferenza della mente che attribuisce al nostro interlocutore delle specifiche qualità, perché magari il suo volto ci ricorda un soggetto a noi antipatico, è amplificata dall’attività della mente del nostro interlocutore che, a sua volta, tenderà a concettualizzare noi sulla base delle sue credenze.
Si confronteranno, dunque, non due individui reali bensì due concetti, due proiezioni prodotte dalle rispettive menti con il loro carico di pregiudizi e credenze.
Giuseppina, eccomi.
Allora… ho accettato e commentato / rivisto il tuo articolo (era scritto in un modo che, secondo me, rendeva possibile la comprensione a pochi e mi sono permesso di scriverne un breve riassunto concettuale).
Quello che dici, però, dà per scontato che:
* esiste una realtà esterna e oggettiva;
* i sensi non sbaglino mai la raccolta delle informazioni;
* il cervello si occupi della riformulazione e ricostruzione dei dati sensibili;
* la mente sia “il concettuale”.
Non si comprende (sempre secondo me):
* in che modo “mente” e “cervello” siano legate assieme.
Alcuni esperimenti scientifici (il bombardamento di elettroni che accade – ad esempio – nelle camere a bolle di cui parla anche il premio Nobel della fisica Fritjioff Capra) dimostrano che non esiste una realtà detta “oggettiva”: è piuttosto un conglomerato di fasci di energia, che si modificano in base all’osservatore.
I sensi sono continuamente modificati da quelle che conosciamo essere come “soglie percettive” e quindi non sono effettivamente “oggettivi” nella raccolta delle informazioni: l’esempio della miopia che fai è uno dei possibili, come anche quello di un palato allenato o meno, che sente o non sente determinati sapori.
Il cervello non mette insieme informazioni, ma risponde a degli stimoli: è un complesso di cellule che elaborano energia “elettrica”.
È la mente che unisce i dati delle stimolazioni e lo fa in relazione a determinati schemi di pensiero (sui quali la filosofia della mente si chiede se siano innati o se si costruiscano in itinere) e quindi il suo modo di operare è soggetto a “soggettivismo”.
^_^
Mi sono permesso queste precisazioni perché dato che ti occupi di fare ricerca e condividere contenuti – cosa di cui ti sono grato – credo che sia nel nostro compito di essere il più precisi possibile e qui mi sembrava che il ragionamento terminasse nei soli confini di una “biologia”, quando invece se si chiama in causa la mente, è necessario uscire da quei paradigmi.
Le tue precisazioni sono del tutto pertinenti.
Il mio articolo non è affatto esaustivo e neanche avevo/ho la pretesa di rappresentare il tutto.
E’ solo un modo semplice e schematico per far comprendere come i preconcetti possono inquinare i nostri pensieri.
Per me è stato molto difficile accettare il concetto della mente che mente.
Grazie ad una lettura di Krishnamurti (non ricordo quale) ho sviluppato questo ragionamento che mi ha aiutato nella comprensione, ma soprattutto nell’accettare che effettivamente non possiamo fidarci dei nostri pensieri.
La finalità del mio scritto è dunque di aiutare chi ha la mia stessa difficoltà iniziale. Ho pensato, spero senza presunzione, che così come una maestra è in grado di spiegare le operazioni aritmetiche ai bambini più di quanto non sia in grado di fare un illustre prof. universitario, così potevo aiutare chi ancora è alle prime armi rispetto a questi argomenti.
Hai fatto quindi benissimo ad arricchire il mio scritto e te ne sono grata.