
Siamo orfani del caos normativo nato con internet e la globalizzazione; sopravvissuti al populismo economico e culturale ed alle prese col Covid-19. Confusione, disinformazione, complessità sono compagni del nostro vivere attuale. Per fare chiarezza, prendere decisioni rivolte alla cura di noi, dell’altro e del pianeta, per costruire futuri, ci serve fare filosofia.
Ogni epoca ha i suoi momenti di difficoltà. Noi? In parte orfani di quelle regole e norme “condivise” che esistevano per ogni Nazione prima dell’avvento della globalizzazione e di internet che, con quel loro “diluvio universale”, hanno rotto gli argini di ogni normativa, lasciato esondare un mare di informazioni e culture in uno spazio solo. Siamo figli dei social e del “potere di dire la tua”, usato male.
Abbiamo vissuto nel vociare del populismo, con la sua reazione istintiva della paura dell’alterità, come tentativo di ricostruire qualche confine. Ed ora… il Covid-19, le news e le fake, il dominio dell’incertezza e della complessità.
Come poterci salvare?
Una risposta dalla Filosofia, la filosofia come cura della cultura, della società, dell’essere umano.
Stick, Sbam! , Flushhhhhhhhh
Ho voluto prendere spunto dal futurismo e dal suo modo di mettere onomatopee, per raccontare eventi e situazioni.
Non ho trovato altro modo, perché credo che siamo fin troppo pieni di parole e abbiamo bisogno di riformularle, scambiare le idee, mescolare gli algoritmi del pensiero e tirarne fuori simboli a caso per costruire qualcosa di nuovo.
Stick
Mi sembra il rumore di qualcosa di piccolo che si rompe, come quelle recinzioni di plastica che ben rappresentano l’era industriale: focus sulla produttività, inquinamento, organizzazioni red / orange, con regole iper definite, ruoli e gerarchie.
È l’immagine della società ove tutto ha un suo ordine, lo deve avere, perché la società è (e deve essere così considerata) un organo produttivo (e ri-produttivo).
L’uomo è numero, codice (fiscale), segno in una grammatica complessa che, se presa a scompartimenti stagni (ogni Nazione al suo interno e Nazione con Nazione), tutto sommato funziona.
Sappiamo chi sono i buoni e chi i cattivi. Sappiamo come, quando e perché schierarci. La televisione ce lo dice sempre con gran precisione.
Ma qualcosa si rompe. Stick.
Arriva internet. Il tema della globalizzazione è alle porte: quello che prima era un confine (lo schermo del televisore), da finestra sul mondo diventa una porta (lo schermo del pc, prima e del telefonino poi).
Non abbiamo più bisogno di un vicario, di un esperto, di un intermediario, per raggiungere quel che vogliamo – come dice bene Baricco in “The Game” – siamo in una “touch reality“: è tutto a portata di dito.
Quello che si è rotto è la recinzione di plastica. Curioso come la “plasticità” sia intesa come abilità di movimento, mentre invece indica la possibilità di subire modificazioni permanenti alla nostra struttura.
E questo è quel che è successo: la struttura ha ceduto ai suoi argini e tutti abbiamo subìto modificazioni permanenti.
Le culture del mondo, confinate entro confini rigidi, sono state accolte dal diluvio universale della nostra epoca e mai come oggi ci serve un’Arca (come Sibaldi traduce: un linguaggio) per poterci prima salvare e poi per navigare questa nuova realtà.
Sbam!
E poi… l’avvento dei social network.
Diciamocelo: ci eravamo persi e avevamo bisogno di ritrovarci. Null’altro avrebbe potuto rispondere meglio alle nostre necessità di esseri umani, che una serie di “luoghi di incontro diffusi”, dove poter anche essere diversi da come eravamo poco fa – era un’occasione d’oro per ricominciare.
Se non ci sono più regole definite, ne cerco di nuove. È un bisogno, quello di sapere come poter vivere, muoversi, organizzarsi. È una necessità fondamentale per poter definire il raggio della nostra libertà, per commisurarci con le nostre idee, per agire e saper dire a sé stessi cosa si può e non può fare, essere, divenire.
Una regola ci definirà, insomma.
Ed eccoli lì, come un’esplosione tra le mani, i social network. Sbam!
Il suono onomatopeico è, però, anche quello che si usa nei fumetti quando – ad esempio – un iconico Paperino prende una porta in faccia.
Una porta, in faccia. Abbiamo detto che quegli schermi erano diventati porte, porte in faccia (ed è curioso il nome “Face-book” a questo proposito).
Di fatto, il nostro volto è ora continuamente fissato entro un nuovo regime.
La foto profilo, da una parte, la faccia stessa, la testa, il capo, chini “dentro” allo schermo dei telefonini. La socialità diventa a maglia allargata, diffusa, digitalizzata.
Riconoscimento facciale? Pollice verso, riconoscimento digitale.
Un continuo richiamo a re-identificarci quando, invece, non lo sappiamo fare.
Non siamo solo un nome e cognome. Non siamo un lavoro, non siamo una foto profilo o un’impronta digitale. Non siamo la burocrazia che produciamo.
Siamo la domanda: “Chi sono?”.
I governi hanno provato a risolvere questo caos, nel 2019, con un massivo spostamento verso la questione del “populismo”: dazi, confini chiusi, paura della diversità. D’altronde eravamo spinti dal desiderio di ritrovarci, come individui, come popolo (forse), come Nazioni.
Quella lotta all’alterità, l’abbiamo ritrovata nel populismo. La conoscevamo già con la segregazione e col Nazismo, l’abbiamo ritrovata dopo l’11 settembre, in un modo diverso: da colore della pelle, a religione e cultura, per finire con qualcosa a metà tra identità di popolo ed economia.
E poi, Flushhhhhhhh
Flushhhhhhhh
Lo so, non è molto elegante, eppure è l’idea: lo scarico del bagno.
Se poco prima eravamo stati portati in viaggio su quel diluvio universale, poi ad un certo punto ci siamo accorti di che acque fossero e un rumore molesto, sovversivo, ci ha prosciugati.
Cos’è successo?
Il Covid-19.
Eccoci qua. Non so ben dire cosa sia accaduto e né cosa stia accadendo.
Di certo è un periodo in cui applico intensamente i principi della filosofia: vita contemplativa (resto con le antenne diritte e capto segnali, osservo, rifletto) e vita attiva (mi comporto come necessario).
Quello che so, però, è che gran parte di quel caos che era in movimento “prima”, ora si è fermato. Prosciugato, direi.
Cosa sia successo al populismo, non saprei: credo sia solo stato messo in un cantuccio, pronto per essere tirato fuori di nuovo.
D’altronde in noi c’è il principio della conservazione della specie, posso comprenderne la presenza, ma non la scelta politica: credo che nell’ambito più squisitamente umano, quello della creazione della bellezza che anela alla grandezza e della cura, che potrebbe essere la causa politica, potremmo e dovremmo presentarci non con gli istinti primari, ma con la sottile arte della filosofia e del pensiero.
Chiaro: se siamo in pericolo di sopravvivenza, allora valgono anche i principi basilari, ma sempre ottemperati dalle ragioni del pensiero e del cuore.
E… ora che abbiamo parlato di Covid, parliamo di filosofia.
Ma prima ti voglio lasciare un link: una rubrica ideata dall’associazione AlboVersorio, che va in onda sul canale youtube di Radio Binario 7, in cui diversi pensatori vengono intervistati su molti dei temi circostanti il Covid.
Una Filosofia come Cura
Non ho mai amato la filosofia teoretica (quella del “pensiero per il pensiero”, per intenderci).
Ricordo ancora il giorno della discussione della tesi: prima di me la relatrice se ne uscì con un’esclamazione tipo: “Perché la filosofia è, e deve restare, teoretica!”.
E poi arrivo io, con una tesi dal titolo “La pragmatica dell’immaginazione umana”.
Una filosofia pragmatica. Questo mi piace, ovvero un pensiero che possa essere preso come le teorie della scienza: “vero fino a prova contraria o fino a che non si trovi una teoria più grande, che possa contenerlo”. Un pensiero utile nella vita di ogni giorno, da testare e mettere alla prova. Altrimenti non serve.
Ecco perché credo che la “politica” (nel suo senso migliore) possa essere il luogo preferibile per l’espressione filosofica.
L’azione di ogni giorno è l’altare della “vita attiva”, che si completa nella fase riflessiva della “vita contemplativa”, tipiche della filosofia. Un po’ anche quel “Pensieri lenti e veloci” di Kahneman, insomma…
Ma la “poleis” è anche il luogo della relazione e, quindi, della cura.
Verso sé, gli altri, il pianeta, le idee. Credo che in questo periodo di caos e grande complessità, invece che schierarsi “contro”, si possa pensare anzitutto a “non schierarsi” (perché è possibile farlo) ed agire nell’idea della cura.
Un buon esempio di come la filosofia si applichi bene alla politica ed al “prendersi cura”?
Lo danno i ragazzi di Tlon. Qui una delle loro ultime iniziative, per “ridare senso alla politica” (e non solo).
E non solo: la filosofia è anche la chiave per uscire dall’incertezza – o per starci dentro bene.
Lo dice anche il Elio Franzini, Rettore della Statale di Milano, in un’intervista su Repubblica.
La filosofia ci aiuta:
- a pensare in modo critico;
- a raccogliere dati in modo sistemico;
- ad analizzare i fatti;
- a scavalcare confini, idiosincrasie, bias cognitivi ed euristiche, tornando al confronto e all’empatia;
- a creare prospettive e scenari nuovi.
Se guardi bene a questi benefici che una filosofia può portare, ci puoi trovare che può aiutare non solo nel comprendere meglio il momento, le prospettive, quello che accade, ma che ti aiuta a comprendere meglio le informazioni e a prendere decisioni.
E aiuta a scavalcare il pregiudizio , per entrare nei panni dell’altro e vederlo come “un altro te” e non un nemico.
Filosofia e costruzione del Futuro
Infine… la filosofia ci permette di guardare al futuro.
Quando diventa creativa, quando riesce a superare i suoi stessi confini (quell'”avere ragione” che spesso rovina tutto), una filosofia inizia ad essere anche uno strumento con cui giocare, immaginare futuri, ricombinare informazioni, pensare in modo divergente.
Insomma: il pensiero filosofico è un ottimo metodo per la costruzione del futuro.
Non dà nulla per scontato di quel che già conosce (o pensa di…), è aperto a scoprire cose nuove, analizza e inventa, confronta e studia, si apre al dialogo e all’empatia, scende in verticale dentro ognuno di noi.
Il mio impegno?
Al di là della cura in questo blog, mi trovi tutti i lunedì e giovedì in diretta Fb (ore 20.00) nel gruppo Fb che gestisco con la mia consorte Lara Lucaccioni. Il gruppo che porta il nome del nostro progetto più ambizioso: La Specie Felice.
In queste “dirette sul Pensiero” condivido idee e visioni, in modo che possano essere di riflessione.
Altrimenti le famose (ed utilissime) “quattro chiacchiere col filosofo”.
Le consulenze, insomma 😉
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