
Immaginazione, visualizzazione e meditazione. Tre termini profondamente diversi tra loro, tre tipologie di pratica che vengono usati indistintamente, ma che nascondono profonde differenze.
“La meditazione è l’arte di vivere con se stessi”
– Osho
Dato che in un cammino di conoscenza è bene creare un vocabolario comune, vediamo qual è il significato di queste parole (o almeno qual è secondo me) e la loro funzione, per poterle usare (ognuna) al meglio.
La Meditazione
Mi è piaciuto molto iniziare con l’aforisma di Osho: “la meditazione è l’arte di vivere con se stessi”, perché in parte già racconta qualcosa del senso del meditare: la meditazione ci porta qui, ora, amplia la coscienza e ci fa conoscere noi stessi.
L’etimologia del termine ha una triplice nascita: nel latino meditari sembra avere senso di “medicare” (da mederi), ma la sua origine greca (medo-mai) sembra significare “misurare” e “pensare”. Sembra quindi che anche l’etimologia ci informa sul valore “curativo” della meditazione e sul suo legame col pensiero.
Di fatto spesso si dice che meditare significa compiere l'”annullamento del pensiero” e questo è sicuramente vero perché, dal pensiero, l’attenzione deve essere ricondotta al momento presente, spesso attraverso il focus sul corpo fisico o sul respiro: questa esercitazione ha la funzione di ampliare il campo di coscienza individuale, ovvero la qualità e quantità di realtà su cui si è capaci di portare l’attenzione in modo cosciente.
Ma è anche vero che parlare di un “annullamento del pensiero” è assurdo.
Che cos’è il Pensiero
Ora, prima di procedere, è bene considerare anche il senso del termine “pensiero”. Dalla sua etimologia sappiamo che è qualcosa che ci richiede tempo ed attenzione, per poter essere compreso e messo in ordine: fa infatti riferimento ad un quantitativo di lana, che deve essere sistemata.
Si può parlare di pensiero in molti modi. A me piace considerare che il pensiero non ci appartiene: ne siamo solo “antenne” riceventi.
La nostra attenzione, come la manopola della radio, può connetterci con questo o quel “pensiero”, possiamo valutarlo, farlo scorrere, affezionarci ad esso ed anche esplorarlo ed esplorarne i confini, come se i pensieri (le idee) fossero delle isolette a cui approdiamo.
Di fatto è come se la nostra attenzione fosse immersa in un “mare di pensiero” (lo descrisse così anche Leopardi) e ci è impossibile “annullarlo”. Quello che possiamo fare è, piuttosto, allenarci a gestire la nostra attenzione (come fosse il timone di una nave in mezzo ad un fortunale).
E se impariamo veramente, allora la pratica meditativa non sarà proprio un “annullare”, ma un “addomesticare” i pensieri, lavorando con l’attenzione.
La caratteristica fondamentale della meditazione è infatti proprio quella di ancorare la nostra attenzione a qualcosa che è fisso nel momento presente: il corpo, il respiro.
In questo modo è più difficile, per noi, essere rapiti dalla corrente dei pensieri ed è più facile stare nell’adesso, accorgendosi del sé, di quello che viene definito “osservatore” ed aumentare la capacità cosciente.
Visualizzazione ed Immaginazione
E finalmente arriviamo a parlare di visualizzazione ed immaginazione. Ne parleremo assieme perché esse sono molto simili ed anche profondamente differenti: di fatto la prima è più attiva e la seconda più contemplativa.
Se la meditazione si svolge nel “qui e ora” della coscienza, nello spazio al di qua del pensiero e delle sue forme, in modo da potersi mantenere saldi; la visualizzazione opera “nel pensiero” e l’immaginazione “al di là del pensiero”.
L’etimologia del termine “visualizzare” ci informa che esso è qualcosa che ha a che fare con la vista. Potremmo dire semplicemente che la visualizzazione è il “cercare di vedere ad occhi chiusi”. Praticamente una visualizzazione è una ricerca, uno spingersi negli spazi bui delle palpebre e lavorare con la facoltà della fantasia (che ci permette di lavorare attivamente con le immagini).
Una visualizzazione è un’esperienza creatriva: costruiamo tutto, dall’ambiente all’esperienza, gli oggetti, ogni cosa. È estremamente utile per attivare dei processi della coscienza (come ad esempio aiuta a rilassarsi), ma non permette esperienze nuove.
L’immaginazione, invece, permette di scoprire, di avere idee nuove, di andare al di là di quello che sappiamo già.
Un’immaginazione è un’esperienza in cui la coscienza viaggia, scopre luoghi e ne fa esperienza, ma senza costruire niente. Il suo è piuttosto un “trovare” (qui trovi uno dei miei articoli più completi sull’Immaginazione). Quello immaginativo è di certo il procedimento creativo più vicino all’inventare: invenio significa proprio “trovare”.
Ma come funziona?
In una immaginazione bisogna essere capaci di “scoprire”: andare al di là del giudizio sulle esperienze, sulle immagini e sulle idee, permettendo loro di… raccontarsi. Un po’ come accade con la fotografia (di un tempo): ci si lascia impressionare dalle idee, si raccolgono le loro storie, i lineamenti, l’energia.
Fare un’esperienza immaginativa significa prendersi tempo e spazio per lasciarsi scivolare in un rilassamento – che attiva un modo diverso del cervello di pensare – e poi lasciarsi naufragare nel mare delle idee, allo stesso tempo rilassati ed attenti a guidare la propria attenzione fino a scoprire l’inatteso.
Per approfondire il tema, ti invito a scoprire il mio ultimo libro “Andata e Ritorno“, un manuale tascabile con le informazioni per usare l’immaginazione al meglio.
Oppure… puoi imparare tutte e tre (visualizzazione, meditazione e immaginazione) in un percorso unico: Vivi365, programma di formazione di un anno, in cui imparare oltre 40 pratiche semplici, da rendere abitudini.

Caro Matteo, mi sono stupita della frase “il pensiero non appartiene direttamente alla coscienza individuale” e “il pensiero non è nostro…”. Vorrei che lei spiegasse un po’ di più sulla natura del pensiero e come mai questo non ci appartiene. Grazie!
Ciao Brenda.
Anzitutto: grazie di leggere i miei articoli e, in secondo luogo, grazie della domanda.
Allora… ti invito a prendere quello che ti sto dicendo solo come uno spunto, ok?
Nel senso che è il mio attuale punto di vista sulle cose, deriva da studi, pratiche e ricerche, ma questo non vuol dire che sia “vero”.
Magari è “vero”, ma è una delle molte possibilità. Mi piace che questo mio blog sia uno spazio di ricerca, non di risposte, right? ^_^
Bene, andiamo al punto, adesso.
Tu sai che tutto è energia. Tutto: emozioni, pensieri, anche il corpo fisico (ma è un po’ più denso).
E questa energia, che è una sola, si addensa per strati: così il “pensiero” è uno strato di questa energia. La chiamiamo anche col nome di “energia psichica” o talvolta sentirai parlare di “forme pensiero”.
C’è, quindi, un'”energia pensiero” e, allo stesso modo di come succede con le emozioni cui talvolta lasciamo il permesso di scuoterci ed impossessarci di noi, accade col pensiero.
Quelle che oggi consideriamo col termine “scientifico” (ma un po’ vuoto) di “energie”, le popolazioni animiste le considerano “spiriti”.
E quindi ogni “forma pensiero”, ogni “emozione”, è qualcosa di vivo, che entra in contatto con noi. Immagina tutta la tua realtà come pullulante di energia, o “spiriti”, o semplicemente considera la tua realtà come se fosse viva, come se avesse un’Anima. Ed ora considera anche il pensiero e le emozioni come “esseri viventi”.
Quando fai questo lavoro immaginale di restituire l’Anima al Mondo, allora ti accorgi che tutto (emozioni, oggetti, pensieri) danza con te, continuamente.
Tutto ti penetra, partecipa delle tue cellule, del tuo spirito e della tua Anima. Tutto ciò cui lo permetti, naturalmente.
Perché poi i “chakra” (e non solo, anche i nostri “cervelli”) sono delle Soglie di accesso, in qualche modo: elaborano delle specifiche qualità di energia.
E così la nostra colonna vertebrale, con i chakra “alti”, elabora l’energia pensiero. La riceve, come se fosse un’antenna, le permette di entrare nel nostro organismo dove viene elaborata, esattamente come avviene per il cibo, ma con organi diversi, e poi “restituita al mondo” (espulsa, come accade con la defecazione e le urine).
I pensieri non sono “nostri prodotti”. Noi siamo prodotti dal Pensiero che ci attraversa.
E – in base al livello di libertà individuale e consapevolezza – possiamo essere capaci di scegliere a quali pensieri collegarci, come elaborarli e come restituirli al mondo.
Alla fin fin fine, quindi, se vogliamo considerarci come “esseri che pensano”, questi “scarti” sono il nostro pensare.
Ma sono spesso qualcosa di totalmente automatico, filtrato da tutto il nostro essere con i suoi schemi e blocchi, all’infuori della nostra consapevolezza e libertà.
Non sono una scelta, un prodotto, sono un riflesso.
Spero, mia cara, che quanto ti ho scritto sia una buona risposta per te, che ti faciliti nel processo di liberazione, comprensione e consapevolezza, dandoti un modo diverso di vedere la nostra realtà e a quello che siamo ^_^
Se hai bisogno, comunque, chiedi pure (anche per email, se vuoi: matteo@matteoficara.it).
Un abbraccio a te. E buon cammino!