
In termini scientifici l’immaginazione è studiata come “visual imagery”: la capacità di creare, richiamare alla mente e decodificare le immagini con gli occhi della mente. La capacità immaginativa è molto personale e le sue dinamiche cerebrali hanno un procedimento diverso da quello di memoria e vista.
Questo articolo si basa in parte sulle ricerche scientifiche di Sophia M. Shatek, Tijl Grootswagers, Amanda K. Robinson e Thomas A. Carlson, pubblicate in biorxiv.org (in fondo tutta la sitografia). Sono studi – approvati dal Comitato per l’etica umana dell’Università di Sydney – in cui si studia il funzionamento del cervello per quello che riguarda: la visione, la rammemorazione e la creazione mentale di immagini; ovvero dei principali processi che vengono generalmente accostati all’immaginazione.
Lo studio (in breve)
Ti metto subito qui il link allo studio di Sophia M. Shatek, Tijl Grootswagers, Amanda K. Robinson, Thomas A. Carlson: https://www.biorxiv.org/content/10.1101/637603v1.full
Seguo con un breve estratto (non troppo tecnico), per farti comprendere come hanno lavorato e cosa hanno scoperto.
L’immaginario mentale è la capacità di generare immagini nella mente in assenza di input sensoriali. Sia l’elaborazione visiva percettiva che le immagini generate internamente coinvolgono reti di regioni cerebrali ampie e sovrapposte. Tuttavia, non è chiaro se siano caratterizzati da dinamiche temporali simili. Recenti lavori di magnetoencefalografia hanno dimostrato che le informazioni sulla categoria dell’oggetto erano decodificabili dall’attività cerebrale durante l’immaginario mentale, ma i tempi erano ritardati rispetto alla percezione.
Lo studio prevedeva di preparare un gruppo (16 persone) per delle scansioni elettroencefalografiche (EEG) e di neuroimaging funzionale. L’EEG è utile per comprendere cosa accade nel cervello: come cambia la sua attivià in relazione a determinati stimoli; il neuroimaging permette di scoprire quali zone specifiche del cervello vengono attivate.
Dopo una preparazione (molto complessa, per assicurarsi che i soggetti siano preparati e in nessun modo influenzati da conoscenze pregresse – trovi tutte le informazioni nell’articolo originario) e avviene in questo modo: vengono mostrate quattro immagini (due del Sydney Harbour Bridge e due di Babbo Natale) in ogni sessione e veniva chiesto ai soggetti di immaginarne una sola, che veniva riproiettata.
Questo studio con analisi del modello multivariata (più immagini, simili tra loro per immagine e modello, tra cui ne viene scelta una) ha permesso di scoprire che la funzione immaginativa è più complessa e variabile della sola visione dell’immagine.
Probabilmente tra il “vedere” e “l’immaginare” si attivano processi differenti, tra cui: la complessità (intensità ndr) dello stimolo, la preparazione alla visione e le differenze personali (storia personale, magari legata a quel tipo di immagine, ndr).
Immaginazione e memoria
Oltre a vedere una immagine e re-immaginarsela, esiste un altro modo di produrre “immagini mentali”: ricordare.
Dallo studio sembra che le immagini ricordate (riprese dalla memoria a lungo termine) sono più deboli e meno vivide di quelle che hanno avuto un input sensoriale prossimale e – sembra – fanno maggiore affidamento al sistema visivo piuttosto che non agli altri stimoli sensoriali: le analisi hanno rivelato modelli simili di attività cerebrale durante la percezione e l’immaginazione.
Questo fa pensare che si usino gli stessi sistemi o che ci sia una sovrapposizione:
Il lavoro recente ha rivelato la sovrapposizione di substrati neurali per la percezione visiva e le immagini. La tomografia a emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno rivelato modelli simili dell’attività cerebrale durante la percezione e l’immaginario, suggerendo una sovrapposizione computazionale nei sistemi neurali responsabili di ciascun processo (Ganis et al., 2004; Kosslyn et al., 1999; Lee et al., 2012; Slotnick et al., 2005).
Questa sovrapposizione è particolarmente evidente per le aree associate ad elaborazione visiva astratta di ordine superiore, come la corteccia di associazione visiva (Albers et al., 2013; Goldenberg et al., 1989; Knauff et al., 2000) e le cortecce temporali di categoria selettiva ( Mechelli et al., 2004; Reeder et al., 2015).
L’attivazione sovrapposta è presente anche nelle aree visive di basso livello, nonostante l’assenza di input visivi durante le immagini; l’immaginario e la percezione visiva attivano entrambi il nucleo genicolato laterale del talamo (LGN) (Chen et al., 1998) e la corteccia visiva primaria (V1) (Albers et al., 2013; Harrison and Tong, 2009; Pearson et al., 2008). Insieme, questo supporta la nozione che le immagini utilizzano molti degli stessi meccanismi della percezione visiva.
Eppure lo studio, effettuato anche su chi ha danni ad un sistema o all’altro (chi non vede bene o chi non riesce a immaginare), dimostra che ci sono anche forti differenziazioni e autonomie tra i due sistemi, che si comportano in modo simile, ma non sono necessariamente collegati tra loro.
Il neuroimaging funzionale
Con un’analisi più dettagliata, data dalla tecnica del neuroimaging funzionale, è stato possibile vedere quali siano queste differenze. Anzitutto (e già si era visto con l’EEG), tra l’elaborazione cerebrale delle immagini viste e quelle immaginate c’è una differenza: le immaginazioni stimolano il tracciato elettroencefalico con un “ritardo”. Non sono immediate, quindi, ma passano per qualche altro processo, che ne permette l’elaborazione mentale solo in un secondo momento.
Inoltre gli stimoli immaginativi sono (probabilmente) più deboli di quelli visivi. Ma forse anche più liberi (ndr), dato che le stesse immaginazioni possono cambiare nel tempo:
Qui, abbiamo esaminato come la rappresentazione neurale delle immagini mentali si sviluppa e cambia nel tempo. I partecipanti hanno immaginato una delle quattro immagini apprese in precedenza: due facce e due luoghi. Ogni immagine era visivamente dissimile dall’altra all’interno della categoria, pur mantenendo chiare le divisioni di categoria.
Le risposte neurali sono state misurate usando l’EEG, mentre i partecipanti hanno visto le immagini sperimentali, immaginato le immagini e osservato flussi veloci di immagini semanticamente correlate (cioè altre facce e luoghi). Ci aspettavamo che le informazioni di categoria fossero decodificabili dai dati EEG durante l’immaginario mentale (Dijkstra et al., 2018), che sarebbe ampiamente generalizzabile nel periodo delle immagini e ritardata rispetto alla visione.
Abbiamo anche previsto che gli esemplari all’interno di ciascuna categoria sarebbero distinguibili (vale a dire, successo decodifica all’interno della categoria). Abbiamo scoperto che le dinamiche dei processi di immagine sono più variabili tra loro e all’interno dei partecipanti rispetto alla percezione degli stimoli fisici. Sebbene la categoria e le informazioni esemplari fossero decodificabili per gli stimoli visualizzati, non vi erano schemi informativi di attività durante l’immaginario mentale.
Dalle ricerche di Oliveiro sappiamo, infatti, che la memoria è continuamente modificata dal processo immaginativo. Anche se nei suoi studi ciò accade in processi di lungo tempo, probabilmente qualcosa di simile accade nel breve tempo: da quando vediamo una immagine e la “stockiamo” nella memoria, subito ce ne appropriamo e diventa qualcosa di nostro, un vissuto, un aspetto di noi stessi e della nostra storia (ndr).
Diventa un’immagine nuova, anche se simile alla precedente (e originaria).
Immaginazione, Cuore e riflessioni
Le conclusioni dello studio citato sono prettamente scientifiche e vanno più nella direzione di dire cosa si possa e non si possa fare e osservare con EEG e neuroimaging, che non su considerazioni di tipo cerebrale o funzionale.
Filosoficamente parlando, però, mi sembra interessante sollevare qualche domanda. Ad esempio:
Perché non esaminare anche la funzione immaginativa senza stimolo alcuno?
Ovvero non come attività rammemorativa, ma creativa o anche di tipo ricettivo (scopri tutti i tipi di Immaginazione in questo mio articolo).
Dato che la radice del termine “immaginazione” è la “himma” Sufi, il “potere creatore del cuore”, perché non mettere in esame anche le cellule neurali del cuore e vedere se partecipano (mediandolo) il processo immaginativo?
Dato che molto spesso le filosofie antiche hanno indicato, in anticipo sulla scienza, alcuni territori utili da conoscere ed esplorare, magari anche in questo caso è possibile ri-scoprire qualcosa di interessante: l’immaginazione è il linguaggio del cuore.
Per approfondire:
➠ Immaginazione (TAG)
➠ Tutti i tipi di Immaginazione (ARTICOLO)
➠ Decoding images in the mind’eyes: the temporal dynamics of visual imagery (STUDIO CITATO)
➠ Decodificare le immagini della mente (STUDIO TRADOTTO IN ITALIANO – pdf scaricabile)
➠ “Memoria e Immaginazione”, Alberto Oliverio, Mondadori Università (LIBRO)
caro Matteo, mi occupo di formazione creativa e cercavo una frase ispirativa sull’immaginazione … google.. mi esce la tua pagina.
Meraviglioso il tuo articolo, mi interessa moltissimo quello che scrivi,
grazie mille!
Un caro saluto, e complimenti!
Natascia Silvestri Jones
Ah, grazie Natascia! ^_^
Sono felicissimo che apprezzi il mio lavoro, mi impegno con costanza e commenti come il tuo sono il premio più bello di questa costanza…
Se poi cerchi aforismi, li trovi qui: https://matteoficara.it/aforismi-immaginazione
Puoi anche scaricarli e ricondividerli ^_^