
L’immaginazione è una delle facoltà più utili dell’essere umano. La usi per: pensare, ricordare, pensare al futuro, giocare, nutrire le relazioni, generare nuove idee… E se non vedi niente e ti si è “rotta”? Ecco cosa puoi fare.
Ti sarà capitato di fare qualche meditazione, o qualche visualizzazione, e di non vedere niente. Forse erano solo cose molto sfumate. E magari questo modo di vedere lo ritrovi anche nei sogni o, peggio, i sogni proprio non “li vedi”…
Ed hai magari pensato, quindi, che la tua Immaginazione non funziona.
E se ti si fosse rotta l’Immaginazione?
Immaginazione e cervello
Ora, qui si apre il divario tra chi crede che l’Immaginazione sia una funzione della mente e chi, come me, pensa che appartenga al Cuore.
Nel primo caso l’Immaginazione sarebbe rotta se non funzionasse quella parte del cervello che la riguarda.
In “Immaginazione e Memoria”, ad esempio, Alberto Oliverio studia in senso approfondito (filosofico, antropologico e neurologico) la correlazione di queste due funzioni (che considera della mente) e comunque nota che la facoltà dell’Immaginazione fa riferimento ad aree distese del cervello. Perciò è difficile che si “rompa”, almeno fino a che manteniamo una certa plasticità.
Ho ricevuto qualche richiesta da parte di persone che, in incidenti, avevano subito lesioni a parti del cranio (e del suo contenuto).
Mi informavano che la loro “visione” era offuscata e mi chiedevano se sapevo consigliare loro qualcosa da fare per recuperarla.
Dopo aver messo in chiaro che non mi occupo di neurologia e che il mio approccio all’Immaginazione è “sciamanico” e la filosofia cui faccio riferimento è più simile a quella tradizionale cinese, per la quale Immaginazione e memoria non riguardano il cervello, ho chiesto loro di fare un semplice esercizio “primario”: chiudere gli occhi e immaginarsi di entrare in casa.
Dalle loro descrizioni si capiva che il canale immaginativo era in funzione: non avevano rammemorato informazioni già in loro possesso (perché avevo inserito degli elementi casuali nell’esperienza), eppure avevano vissuto l’accesso alla loro casa. Anche con creatività: la difficoltà di trovare le chiavi, una pioggia improvvisa, un cane che fa le feste.
Eppure ancora continuavano a non ricordare sogni e, se facevano meditazioni o altre esperienze, mi assicuravano che “non vedevano niente”. Ho cercato loro di spiegare che magari non c’era niente da vedere… 😉
Immaginazione e Cuore
Lavoro con l’Immaginazione da sempre e dal 2010 anche in corsi di gruppo e posso dirti che l’Immaginazione appartiene al Cuore (se vuoi approfondire il tema, sbircia i miei articoli qui). E aggiungo anche che tutti siamo in grado di vedere.
Certo, magari a volte l’immagine è sfuocata, magari arriva con un ritardo e per cui mentre siamo lì nel rilassamento guidato (a proposito: c’è differenza tra meditazione, visualizzazione e immaginazione!) non appare niente, ma ti appare successivamente, o magari ancora, semplicemente vedi niente. Nel senso che “niente” era tutto quello che c’era da vedere.
Comunque dipende. Da un sacco di fattori, poi: da quanto è lontana la realtà alla quale ci colleghiamo, ad esempio, o dalla “pulizia delle lenti” attraverso cui guardiamo. Insomma… è un po’ come se l’Immaginazione fosse un telescopio: dipende da dove lo punti e dalla sua qualità.
Il che vuol dire che quando ti affacci sull’invisibile è sicuramente meglio avere un’idea di “dove vuoi dirigere lo sguardo del Cuore”. Questo rende il vedere più efficace. E poi, naturalmente, c’è anche da tenere ben in forma il nostro muscolo del vedere sottile. Che è sempre il cuore, chiaramente.
Qui si innesta anche una teoria (metaforica) di James Hillman, quando recupera il termine “infarto” e ne dice che deriva da “infarc(i)tus”, ovvero “pieno”. Un cuore pieno, secondo Hillman, di immagini. Sì, perché “è il cuore che pensa, e lo fa per immagini”.
Ecco perché dico che lavorare con l’Immaginazione va fatto in modo “passivo/ricettivo”, perché collegarsi con essa significa pensare fuori dagli schemi, per poter uscire dai limiti della mente logico-razionale.
A differenza, chiaramente, da tutte le altre immagini che vediamo (televisione, pubblicità, internet…), che invece non vengono ben “digerite” dal nostro sistema di pensiero (e dal cuore): non sono tue idee, ma immagini con volontà esterne.
Torna a vedere: in 5 mosse
.1 | Discernere
Non tutte le esperienze portano necessariamente ad un “vedere”
Per come la vedo io, ad esempio, la meditazione non necessariamente porta ad un vedere, dato che spesso la sua funzione è quella di portarti “qui e ora”. Mentre in una visualizzazione, di norma, vediamo quello che vogliamo vedere e perciò non è esattamente utile come mezzo “conoscitivo”, quanto piuttosto come veicolo di rinforzo dell’ego/io.
Ma è il lavoro con le immaginazioni, che ci interessa di più, perché quello che si vede in esse è il volto di se stessi, dall’al di là dello specchio della coscienza.
.2 | Sapere cosa vedere
Il “vedere” avviene quando c’è qualcosa da vedere
Quando ci approcciamo ad un’esperienza, in particolar modo, è bene anche sapere su cosa la nostra attenzione dovrà fermarsi. E’ il telos, lo scopo del nostro viaggio, quel “perché vuoi vedere?” che comporta il “cosa” sarà da osservare durante l’esperienza e cosa, magari, no.
Lo dico perché ho condotto centinaia di persone in rilassamento e capitano quei casi che già in soli 5 minuti “vedono” interi film. Non sempre è cosa buona: poi si fa fatica a trovare e considerare gli elementi salienti.
.3 | Creare il giusto “templum”
Ad ogni esperienza, il suo “cielo” (lo spazio sacro)
Così come accadeva con gli aùguri romani, che vaticinavano gli oracoli leggendo il volo degli uccelli in spazi di cielo sacri ed immaginari, chiamati appunto “templum”, quelle immagini cariche di senso si rendono più chiaramente visibili quando l’esperienza avviene in spazi delimitati. Definiti sia in senso spaziale che nel significato, insomma.
Ecco perché in Le Stanze dell’Immaginazione è più semplice ricevere e leggere questi messaggi dal profondo che non in un sogno, perché ogni luogo di potere (ogni Stanza) ha un suo arredamento specifico che ne dà anche l’impronta energetica, il significato.
.4 | Fare un salto
In senso metaforico, sprofondare come fece Alice
Bisogna essere in grado di “lasciarsi andare” e – di fatto – sapersi rilassare aiuta a immaginare meglio.
C’è la necessità di raggiungere un discreto stato di rilassamento, in tal caso anche di affidamento, per poter “vedere”.
Le abilità della mente (la ratio) hanno meno presa quando si è in rilassamento. Ecco perché, per volare come per cadere, è necessario fare un saltino, metaforico, dal nostro “al di qua” ad un immaginario “al di là”.
Le esperienze guidate possono essere un buon aiuto, ma portano ad un reale “vedere” solo se sono immaginazioni (e non meditazioni o visualizzazioni). Se vuoi sperimentarne una, puoi richiedere l’Audio Esperienza nella Stanza n.1 di Le Stanze dell’Immaginazione.
.5 | Pazientare e… fregarsene
A volte è necessario ri-svegliare un vedere
È anche vero che in alcuni casi il “vedere” è un po’ fuori forma. O il Cuore ha sofferto, o è troppo pieno di immagini “altre”, o il suo occhio ha qualche filtro. In ogni caso, con un po’ di allenamento può riprendersi, per cui in alcuni casi è necessario praticare, con pazienza, per un po’ di volte.
In questo caso, la cosa peggiore che si possa fare è “avere aspettative” (o meglio: attaccamenti ad esse). Ecco perché consiglio un po’ di sano “menefreghismo spirituale”, che potrei riassumere invitandoti a ripetere qualcosa tipo: “Non c’è giusto e non c’è sbagliato, perciò, qualsiasi cosa venga, chissenefrega” 😉
Questo articolo ha dato risposta a quello che a volte si incontra nelle Stanze dell’Immaginazione. Molto bello, Grazie.
Liliana, ma che piacere leggerti ^_^
Sì, sicuramente è qualcosa che capita nelle Stanze: alcuni sono proprio i fondamenti di lavoro di questo magico strumento!