
Immaginazione, attenzione e memoria sono tre facoltà legate tra loro, nei processi di pensiero. Ma… come funzionano? Alcune tra le prime ricerche dicono: che quando immaginiamo, lo facciamo usando le stesse modalità di quando percepiamo la realtà; che la nostra attenzione è naturalmente selettiva e che la memoria attiva dei processi tensionali.
Usiamo le tre facoltà di immaginazione, attenzione e memoria continuamente, anche senza rendercene conto. Quando ne abbiamo bisogno attivamente, abbiamo bisogno di poterle usare al meglio e, quindi, di conoscerle un po’ di più.
Alcune delle prime ricerche, come quelle di Shepard (1971), Cherry (1953) e Zeigarnik (attorno agli anni ’60), hanno dato dei contributi ancora validi ed utili da conoscere, per poter ottenere il massimo da queste nostre capacità.
Immaginazione
Esercizi di rotazione.
Prova ad andare in cucina, prendere una forchetta e girarla tra le mani, facendo delle brevi rotazioni di circa 20°. Tenendola dritta, con le punte in alto, avanti a te, puoi ruotarla sull’asse centrale verticale, o quello orizzontale, inclinandola magari più verso destra o sinistra. Ecco, ora prova a farlo senza la forchetta, ma usando la tua immaginazione.
Una forchetta è un oggetto semplice, mentre nelle sue ricerche Shepard utilizzò degli oggetti non fisici, costituiti da una serie di quadrati che componevano figure più complesse, e chiedeva di immaginarne una serie di rotazioni.
Puoi farlo anche tu: quale delle immagini blu e verde di destra è la rotazione del rispettivo modello a sinistra?
Immaginazione percettiva.
Quello che gli studi di Shepard dimostrarono è che quando usiamo l’immaginazione in modo attivo ed intenzionale, per far compiere – come in questo caso – una rotazione ad un oggetto immaginato, lo facciamo come se lo facessimo fisicamente (e quasi con gli stessi tempi). Da cui l’idea che lavoriamo con l’immaginazione in modo “percettivo”.
Probabilmente ci avrai anche fatto caso: mentre guardavi i vari esempi (le immagini a destra), cercando di paragonarle all’immagine campione (a sinistra), nel tuo schermo mentale (chiamato “buffer immaginativo”) hai immaginato delle rotazioni, così come se avessi avuto l’oggetto in mano.
Vari tipi di immaginazione.
Ma, in questo caso, di quale immaginazione stiamo parlando? Di una funzione immaginativa “attiva”, perché ci chiede una carica intenzionale: vogliamo fare qualcosa, usando l’immaginazione. E questo non è di certo il mio modello preferito, anzi: amo di più un uso “ricettivo” dell’immaginazione, così come l’ho descritto anche in “Andata e Ritorno“.
Cosa intendo? Che l’immaginazione ci permette non solo di mettere in moto delle immagini (immagini-in-azione), ma anche di pensare fuori dagli schemi e scoprire idee nuove. Questo lavoro esplorativo e di scoperta, che ha molto a che fare con la ricerca di prospettive future (futures studies), non richiede azioni attive, ma piuttosto di mettere in atto le regole della contemplazione immaginale.
Attenzione
Cos’è l’attenzione.
Quando parlo di attenzione, intendo una delle due facoltà principali della nostra coscienza: attenzione (“dove la coscienza sta”) ed intenzione (“cosa la coscienza fa”). Nel testo che sto studiando per il prossimo esame, l’attenzione viene così definita:
… la concentrazione di una determinata quantità di energia mentale su un evento del mondo esterno.
– Valentina D’Urso e Fiorella Giusberti, “Esperimenti di psicologia“, II° ed., Zanichelli
Mi verrebbe subito da aggiungere: “e del mondo interno”, perché usiamo l’attenzione anche per notare e mantenere il focus sui nostri processi di pensiero ed emozionali, un po’ come descrive anche Damasio nel suo “L’errore di Cartesio“.
Naturalmente selettiva.
Gli esperimenti di Colin Cherry tendevano a scoprire in che modo selezioniamo gli stimoli: immagina di essere ad una festa, con tante persone che parlano un po’ qua ed un po’ là. Non riesci a captare, comprendere e ricordare tutti i discorsi, ma puoi osservarne uno alla volta al massimo, portandoci la tua attenzione. Questo dimostra che la nostra attenzione è selettiva: sceglie quali stimoli seguire e quali scartare.
Non ci credi? Prova a vedere questo video seguendo le istruzioni:
- segui con attenzione la palla e conta quanti passaggi fa la squadra con la maglietta bianca
Simons e Chabris, 1999
La realtà a pezzi.
Ora che hai guardato il video, cosa ne pensi? Immagina quante sono le informazioni che incontri ogni giorno e che, in un modo o in un altro, per motivi di ogni sorta, restano fuori dalla tua attenzione. Io la chiamo “la realtà a pezzi”, mi aiuta a ricordare che la mia visione è sempre parziale: raccogliamo informazioni e, attraverso di esse e del nostro sistema di pensiero, costruiamo pensiero ed azione.
Per me è sia importante ricordare che le mie “idee delle cose, del mondo e di sé” sono figlie di una visione parziale delle cose. Mi aiuta a non cadere nella trappola della ragione, a mantenere viva la curiosità e vigile l’attenzione consapevole.
Memoria
Processi mnestici.
La memoria non è un contenitore. C’è qualcosa, della memoria, che assomiglia ad un “luogo” in cui archiviamo le informazioni, ma è più utile (e sano) vederla come una funzione, un processo definito “mnestico”, che contiene in sé l’arte di apprendere informazioni, di tenerle per un periodo più o meno lungo nel range dell’attenzione, e di recuperarle.
Ho già parlato della solida e stretta relazione esistente tra la memoria e l’immaginazione, per la quale possiamo ottimizzare la prima, usando la seconda. Ora voglio farti notare un altro fenomeno interessante, che ha molto a che fare anche col proprio benessere, con l’autostima e quella mania della performance tipica della nostra cultura (sai, quella cosa del creare liste di cose da fare e di raggiungere obiettivi…).
Effetto Zeigarnik.
Anche questa ricerca sta nel libro che sto ora studiando per l’esame, ma di fatto scoprii l’effetto Zeigarnik circa 10 anni fa, quando mi interessavo ai modelli di gestione del tempo e delle priorità. Credo ne parlò “Zio Hack“, personaggio sempre avanti nel settore della crescita personale “underground” (così come lui stesso si definisce) e… con un suo stile un po’ particolare.
Ricordo che l’effetto Zeigarnik veniva descritto più o meno così (a parole mie):
nella nostra mente continuano a crearsi delle “liste di cose non fatte”, non terminate, interrotte, che pesano, richiedono energia continuamente per essere ricordate e per essere portate a termine, come se chiedessero di essere completate.
In poche parole, quello che dimostrarono le ricerche di Bluma Zeigarnik è che ricordiamo meglio delle attività quando vengono interrotte e non quando le portiamo a termine in modo completo. È vero che queste memorie attivano delle tensioni interne, come se tali attività volessero essere risolte, e quindi ci troviamo con una pressione mentale ed emozionale interiore.
Immaginazione, Attenzione e Memoria
Immaginare al meglio.
Ho scritto questo articolo con un duplice desiderio: divulgare alcune conoscenze su immaginazione, attenzione e memoria; dare una serie di suggerimenti per usare al meglio la propria capacità immaginativa.
Quando immaginiamo, in particolar modo come piace a me (con la contemplazione), utilizziamo l’attenzione per osservare le cose e muoverci nello spazio (dove porti la tua attenzione, lì va la tua energia cosciente) e quindi per scoprire qualcosa, per conoscere e per fare esperienza; e la memoria ci serve per collegare le informazioni e per recuperarle alla fine del viaggio di andata e ritorno.
La prima cosa da ricordare, quindi, è che: così come nella realtà di ogni giorno, anche nelle esperienze immaginative “penserai come se” stessi usando i tuoi sensi. In poche parole: il tuo fare immaginativo, sarà simile a quello percettivo.
Attenzione.
Ora sai che, mentre la tua attenzione sta da qualche parte, di certo ci sono altri stimoli che stai lasciando indietro.
Non che sia necessario “notare tutto”, anzi a volte è peggio, ma è bene che tu lo sappia. Il modo migliore di fare esperienza immaginativa è di imparare, prima, a gestire la propria attenzione, in modo da portarla lì dove vuoi e mantenerla sul dettaglio / immagine importante.
Memoria.
Anche in questo caso, riprendendo anche alcune idee espresse nell’ultimo articolo, per cui abbiamo visto che “esagerare” permette di creare immagini che restano più in profondità nella memoria, possiamo dire che delle tue esperienze, quello che resterà più fisso nella memoria è ciò che “ti colpirà di più”, che lascerà una impressione più forte in te, che sia una tensione (esperienza interrotta), un desiderio o un attimo di meraviglia.
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