
Si dice che la realtà è come un “velo” che nasconde le cose. E nascondere e disvelarsi è anche il movimento che fa la verità dei greci (aletheia). Che la verità sia, allora, un disvelamento di qualcosa di invisibile? Allora forse anche essere ad “immagine e somiglianza” del divino, significa mostrare qualcosa di altrimenti invisibile, come la verità.
La nostra cultura religiosa “ufficiale” tramanda che siamo fatti “ad immagine e somiglianza” del divino. Altre fonti – più orientali – tramandano di un illusorio “velo di Maya”, che copre e disvela la realtà.
Coprire e, al contempo, svelare è anche il significato dell’aletheia greca, ossia della “Verità”.
La questione dell’illusione, che rende tutto alla stregua di un sogno, rende il tema dell’Immaginazione, della fantasia (phantasma, anch’esso “illusorio”) e dell’approccio Immaginale, profondamente centrale in un cammino di ricerca della Verità e, quindi, anche nel cammino di comprensione dell’Anima.
Perché? Cosa lega Anima ed Immaginazione?
Immaginazione e Cuore
Delle origini (etimologiche e non) dell’Immaginazione e del suo legame col cuore, abbiamo già parlato in alcuni articoli precedenti, ad esempio:
- Immaginazione e Sé [L’Immaginal, tributo ad Henry Corbin];
- Guarigione “immediata”. Il Cuore e l’Immaginazione come centro del Miracolo;
Riportandone brevemente il senso fondamentale, potremmo dire che l’Immaginazione non è una facoltà della mente, bensì il linguaggio del cuore: il termine arabo himma è, infatti, la sua radice (usata nel sufismo) indicante il “potere creativo del Cuore”.
Cos’è l’Anima?
Ecco, una domanda da un milione di dollari… in questo mio “diario di ricerca online” di certo non penso di mettere “risposte”, ma teorie, ipotesi, che poi invito ciascuno a provare e sperimentare nella propria realtà, perché sono convinto che è vero quello che porta ai fatti. E’, questa, d’altronde anche una delle etimologie possibili del termine “verità”: dal sanscrito vrtta che indica proprio “i fatti, gli accadimenti”.
La teoria più affascinante, per me, ed allo stesso tempo quella che mi ha portato maggiore “verità nei fatti” è la teoria secondo cui “tutto è sogno, illusione”. Alcune tradizioni orientali parlano del “velo di Maya” che va in qualche modo tolto, affinché l’iniziato possa accorgersi dell’illusorietà in cui vive.
A testimoniare che questa concezione è viva anche nell’occidente, oltre alla fisica quantistica, c’è anche la cinematografia, tra cui spicca di certo il film “Matrix” (di nome e di fatto).
Personalmente mi piace giocare, quando sono in giro per l’Italia con Le Stanze dell’Immaginazione®, su questo tema della “verità come sogno” e, spesso, chiedo ai presenti qualcosa del tipo:
“Come puoi avere la certezza che domattina ti svegli e sei ancora tu e non qualcun’altro? Come fai a dire con certezza, quindi, quello che stai vivendo adesso non è solo un sogno?”
Non c’è risposta a questa domanda. Non una “risposta certa”, almeno, perché qualunque stratagemma costruisci (ad esempio consideri i tuoi post su fb di oggi, come prova del fatto che “ieri, sei stato”), puoi dire che qualcosa esiste solo in quel dato istante e non puoi sapere con certezza che è esistito o che esisterà in un “altro momento”.
Questo trabocchetto spirituale, degno di un Trickster, può estendersi a molti altri aspetti della nostra realtà e ci obbliga a concludere che questa realtà non esiste: non esiste come materia, quantomeno, ma come illusione, ovvero come immagine, proiezione.
Anima e Immaginazione
Quello di una “immaginazione” come chiave per la Verità è un concetto base di molti ricercatori, come: Jung, Henry Corbin, Clarissa Pinkola Estès, James Hillman e Selene Calloni Williams.
“L’Immaginazione apre le porte a esperienze profonde del Sé, e rende possibile la formazione stessa del Sé” – Jung
Se vuoi saperne di più, leggi l’articolo dedicato a “Immaginazione e Sé” (ed i successivi)
Quando tutto quello che c’è è un’illusione, quello che resta è l’immagine, la forma originaria, l’archétypos e l’apertura dell’essere umano al simbolico, che è sempre un’apertura al sacro, ad un “al di là di senso”, al numinoso.
Archétypos, l’archetipo, la forma “che sta prima”, originaria, poiché (come dicevano Tesla e Disney) tutto ciò che esiste deve prima essere stato immaginato.
L’imago, l’idea (idein e arcaico videin, “vedere”) è quel che, dalle alture dei monti sacri o dalle vette degli stati meditativi e delle forme di trascendenza, si può vedere dell’al di là. Perché dall’al di là si sporge, si manifesta.
Idea fu – ad esempio – il roveto ardente. Idee furono le visioni dei santi negli stati di estesi ed idea, o immagine, è ogni sorta di teo-fanìa, di manifestazione del divino, del numinoso.
E se l’himma-ginazione è la facoltà creatrice del cuore, comprendiamo subito come, nel processo di creazione, il cuore ha bisogno di essere nutrito – prima di tutto – da un’immagine, un’idea, che gli arriva (dato che il cuore è il grande ricettacolo) dal numinoso, ovvero dall’al di là.
Ecco, allora, in che modo l’Immaginazione si lega all’Anima: l’Anima è l’atto stesso dell’immaginare, è l’istante della teo-fanìa, il momento o lo spazio in cui accediamo ad aree “al di là” del nostro “io attuale”, ma sempre facenti parti dell’Anima.
L’Anima è tutto ciò che siamo, l’Immaginazione il linguaggio con cui ella si dis-vela a noi, sotto le forme degli archetipi, dei simboli, del numinoso, che noi chiamiamo “il divino”.
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