
Immaginiamo continuamente, a volte anche senza accorgercene e senza dare il giusto valore a questa incredibile facoltà. Durante il periodo di lockdown abbiamo immaginato anche di più, ma non sempre in modo ottimale. Quale fine e modo per usare al meglio l’immaginazione? Pensare al futuro.
Uno dei temi su cui faccio ricerca da più tempo è sicuramente quello dell’immaginazione. In questo periodo di Covid-19 ho notato un interessante proliferare di articoli sul tema: l’aumento di pratica immaginativa dato dalla solitudine forzata, il bisogno di immaginare futuri diversi (e migliori), una serie di stimoli ad usare questa facoltà per spingere l’innovazione.
Qui cerco di darti una linea guida affinché tu possa usare al meglio questa facoltà, nell’anno che viene.
Immaginazione e solitudine
Tra i tanti, l’articolo che mi è rimasto più impresso era su Ohga!
Nell’articolo era descritto e citato uno studio su Nature Communications sulla relazione tra solitudine e immaginazione (“The default network of the human brain is associated with perceived social isolation“).
Due sono gli aspetti interessanti di questo studio:
- stare in solitudine (condizione che il lockdown ha in qualche modo favorito) ci porta a immaginare di più;
- d’altra parte, però, le aree del cervello deputate alla socializzazione vengono meno stimolate.
Questo studio mi ha fatto pensare molto alla mia attitudine a prendermi spazi e momenti di solitudine per sgombrare l’attenzione dagli stimoli quotidiani e focalizzarla sul pensiero e sull’immaginazione.
Ho pensato anche all’infanzia: a quei bambini che hanno tutto ed a quelli che hanno meno. Ho riflettuto sul fatto che spesso, la carenza (così come la solitudine) favorisce lo sviluppo di attitudini creative e di pensiero divergente.
Diciamocelo: quando non hai niente, devi per forza giocare di immaginazione.
Ecco che da questo ne traggo un’idea per l’anno che viene: creare equilibri “di pieno e di vuoto”, al fine di favorire l’uso dell’immaginazione senza perdere “il mondo”.
In qualche modo è anche quanto dico nel mio ultimo libro “Andata e Ritorno. Istruzioni per il viaggio immaginale“: immaginare ha senso se hai una meta, una domanda o un problema.
Non solo serie TV. In definitiva, quindi, questi momenti di lockdown possono essere usati anche in un utile, sfruttando il lato positivo dell’immaginazione.
Immaginare cosa?
I focus di una pratica immaginativa possono essere moltissimi. Personalmente credo che “pensare futuri migliori” sia l’uso ideale per questa facoltà.
“E se…” in questo modo si attiva il pensiero controfattuale, ideale per immaginare un mondo (ad esempio) senza economia intensiva, senza banconota o denaro, con un sistema di politica partecipata, ecc…
Utopie e Distopie. Il gioco immaginativo ha modo di portarci in questi luoghi e di nutrirci profondamente di prospettive, di orizzonti variabili, si possibilità di scelta.
Personalmente ho a cuore 5 temi, quando guardo al futuro:
- economia e lavoro;
- politica (intesa come “vita attiva filosofica”);
- tecnologia (IA, robotica, gamification);
- ambiente e risorse;
- società, famiglia e relazioni.
Quando uso l’immaginazione per pensare futuro, quindi, mi guardo attorno cercando di scoprire come saranno gli anni a venire, secondo queste coordinate e seguendo quelli che – nella filosofia dei futures studies – si chiamano “segnali”: notizie che possono dare il via a degli sviluppi interessanti e di impatto.
Ma si può pensare anche in modo diverso. Ad esempio possiamo pensare alle “città del futuro” o alla “transizione” che ci attende (ed in cui siamo già da tempo – ne abbiamo parlato anche in una intervista intitolata “Umanità in volo“, con Simone Rosati).
Un esempio di pensiero controfattuale è riportato anche da UltimaVoce, che parla delle “Transition Town” ipotizzate da Rob Hopkins.
Immaginare e Innovazione
Tra smartworking, IA e automazioni, il tema dell’innovazione (e della sua urgenza) si fa punto di focus centrale delle pratiche immaginative odierne.
È urgente immaginare soluzioni innovative, ne parla anche IlSole24ore, dando anche 5 consigli, in una riflessione – giustissima – tra la differenza tra “costruire sull’esperienza appresa” e “costruire sull’esperienza attesa”.
In poche parole: se pensiamo al futuro in relazione al passato, creeremo solo “aggiornamenti” e non vere e proprie innovazioni.
Se vogliamo puntare alle innovazioni, abbiamo bisogno di visioni, di quel coraggio di guardare oltre, di scavalcare il confine del “possibile”, che solo il pensiero immaginativo permette.
Eccoci quindi alla conclusione dell’articolo, con alcune semplicissime indicazioni che puoi usare, fin da ora, per immaginare un futuro, senza lo zampino del passato:
- focalizzati sui “preferibili” e non sui possibili (insomma: “prima il piacere“);
- allena l’immaginazione, anche quando ti sembra rotta – tranne se è “aphantasia“;
- accedi al pensiero immaginativo sempre attraverso una fase di rilassamento;
- pensa senza confini, permettiti la vastità, attraverso la contemplazione;
- ricollega le idee ai fatti, cercando vie possibili per realizzare quegli orizzonti, magari pensando a partire dalla fine;
- divertiti, gioca, fà questa attività al di là del risultato, perché pensare futuro non è prevederlo con certezza, ma iniziare a crearlo.
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