
“Tutta un’esperienza religiosa … nasce dal tentativo dell’uomo di inserirsi nel reale, nel sacro, per mezzo di atti fisiologici fondamentali, da lui trasformati in cerimonie (rito)”
– Mircea Eliade
È visibile ovunque, eppure non lo si vede affatto: il Rito.
È forse il più antico strumento magico a nostra disposizione, capace di fondere assieme i due mondi, di invertire le parti, sovvertire i ruoli e le leggi, per attivare il processo creativo dell’Immaginazione.
Perché tra l’Immagine e l’Azione, spesso, c’è una forte differenza – come direbbe il mio caro amico Giuseppe Vercelli parlando di “sincronia” nel suo Metodo SFERA – una distanza che andrebbe colmata, perché significherebbe avvicinare i due mondi: realtà e possibilità.
E per fondere questi mondi c’è uno strumento alla portata di tutti: il rito.
Ma che cosa vuol dire “ci sono due mondi”? Che mondi sono e cosa contengono?
Che cosa è “il rito”? Come si compie? Cosa lo contraddistingue?
E in che modo, il rito, unisce i mondi?
Scopriamolo insieme…
ImmaginAzione: i due mondi
Ogni giorno siamo a metà tra un mondo che chiamiamo “realtà”, fatto di doveri, leggi, oggetti, persone, eventi, cose; ed un altro, denso di desideri, aspirazioni, idee, sogni, che prende nomi diversi a seconda del rapporto che, con quei contenuti, abbiamo di momento in momento.
Questo secondo mondo, Platone lo chiamava “il mondo delle idee”.
È un po’ come dire che esiste un mondo “vero” ed uno “falso”, uno fatto di “cose concrete” e l’altro di “fantasmi”. Ma è anche vero dire che c’è un mondo fatto di “vincoli” ed un fatto di “pura potenzialità”.
Sono sempre gli stessi due mondi: quello delle cose e quello delle idee, quello dove svolgi le tue Azioni e quello da cui queste azioni prendono “spunto” (e spinta), perché animate da una volontà, espressa da un’Immagine.
Siamo in accordo che, prima di un’azione, in un modo più o meno consapevole, c’è un’idea?
Te lo chiedo perché “idea”, dal greco idein (e più arcaico videin), esprime lo stesso significato del nostro verbo “vedere” e le idee, soprattutto quelle platoniche, sono qualcosa che “si vede”.
Il mondo delle idee è il mondo delle immagini, insomma. Dell’Immaginazione.
Riassumendo possiamo dire che ci sono due mondi, quello delle cose e quello delle idee, e che questi due mondi sono in continua interazione, ma spesso in modo inconsapevole, in modo che le idee ci spingono alle azioni nel mondo delle cose.
Idee che sono come immagini-guida.
La vera natura delle azioni
Nelle sue opere, ed anche in quelle di alcuni sui allievi come in “L’Uomo Superiore” di Bennett, il maestro Gurdjieff ha dato ad intendere che ci sono più mondi e quello che noi chiamiamo “delle cose” egli lo chiama “mondo funzionale”, ovvero il mondo ove si svolgono le funzioni.
Il concetto delle funzioni ci aiuta bene a comprendere che cosa sono quelle che noi, spesso, chiamiamo “azioni”.
Agire non sempre significa essere consapevoli di ciò che si sta facendo.
E questo è vero a diversi livelli: un conto è il movimento inattesa del muscolo o del nervo (sistema nervoso simpatico), o riflesso, sul quale difficilmente abbiamo controllo, un conto sono azioni più complesse, sulle quali non solo vantiamo l’idea di controllo, ma anche di “originalità”.
Sì, insomma, secondo Gurdjieff non è vero che le azioni “partono da noi”, da una “nostra” volontà.
È vero che vengono da una volontà, ma questa non è nostra, perché spesso non c’è un “io” dietro a queste azioni, bensì un riflesso, che rende quell’atto una re-azione a stimoli esterni, non un’azione in base a stimoli interni.
“L’uomo non può fare”, direbbe Gurdjieff. Ma può arrivare a fare. In che modo?
La strada indicata dal maestro armeno passa per la marifat, la saggezza pratica, che Gurdjieff stimolava attraverso “i movimenti” (detti anche “danze”), con i quali porta la tua attenzione a valicare i suoi stessi confini, ristrettissimi: l’attenzione è colei che cade nella trappola degli stimoli esterni, incapace di posarsi volutamente su una stessa cosa per lungo tempo.
E questo è un modo interessante di intendere il sacrum-facere, ovvero il “sacrificio” necessario per operare la magia, la fusione dei mondi.
Il Sacro ed il Rito
Il sacrificio, o sacrum-facere, è l’operazione del “rendere sacro”.
Nella disciplina delle dodici energie indicate da Gurdjieff significa – ad esempio -elaborare l’energia n.9, quella conscia, per trasformare la n.7, automatica, per aumentare la n.8, sensibile. In questo modo possiamo elaborare uno scarto di energia per tendere alla n.10, creatrice.
In poche parole è come usare un’energia a disposizione (calore, elettrica, ecc…) concentrandola (“organizzandola”) in un punto in modo da avere una maggiore concentrazione di essa e poter puntare ad un tipo di energia più grande o di livello diverso.
Come quando usiamo un fuoco per scaldare l’acqua per ottenere vapore e far muovere il treno.
Ed il rito ha molto a che fare con il “sacrum-facere”.
Rituale è quella azione che tende “sacrificare” un’energia trasformandola nella direzione di un livello maggiore o, comunque, di natura differente. Di norma – chimicamente ed alchemicamente – si fa qui riferimento al processo di “sublimazione”, ovvero il passaggio/trasformazione dalla natura solida a quella gassosa, eterea.
L’azione rituale ha più o meno questo scopo: trasformare l’azione stessa, di natura “solida”, concreta, funzionale, in un’azione che abbia significato ed effetti di natura “eterea”, spirituale, ideale e quindi immaginale.
In breve: il rito è una funzione immaginale del sacro che avvicina i mondi. E’ un’Azione e quindi agisce nel mondo funzionale delle cose ed ha un valore Simbolico, per cui agisce anche nel mondo delle Idee.
Attraverso l’azione immaginale, quindi simbolica, rituale, c’è un annullamento della distanza tra i mondi che permette di lavorare direttamente sul piano delle “idee” che, come diceva Platone, è il solo vero mondo, quello su cui questo (quello delle cose) basa il suo stesso essere.
Per chiudere, quindi, rispondendo alla domanda “che cosa è il rito e come si fa?”, diremo:
“Tutta un’esperienza religiosa … nasce dal tentativo dell’uomo di inserirsi nel reale, nel sacro, per mezzo di atti fisiologici fondamentali, da lui trasformati in cerimonie (rito)”
– Mircea Eliade
Il rito è una funzione “fisiologica” dell’essere umano. Costella la sua vita, in ogni dove, nascondendosi e svelandosi dal velo della presunta “oggettività delle cose”.
Il rito è l’azione magica che proviene dal mondo delle idee e che affiora in quello delle cose di ogni giorno. È il sogno, il segno, il destino – come Volontà – che si compie attraverso le sue immagini.
Rientrare in contatto con il “confine”, con il “sacro”, significa accorgersi della ritualità continua della natura, significa portare attenzione consapevole alle azioni di ogni giorno, infondendole di senso magico, simbolico, rituale, immaginale.
In questo modo, ogni nostra azione è un messaggio rivolto all’Anima, che sia essa individuale o Anima Mundi, una devozione alla Bellezza, all’Amore, all’Universo.
Agita come rito la Vita stessa è una magia, un miracolo nel suo dispiegarsi continuo.
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