
“La causa principale della guarigione è l’amore”
– Paracelso
Certo, parlare di un potere di guarigione dell’Immaginazione può essere assai rischioso, perché termini come “cura”, “guarigione” e “malattia” sono di uso quasi esclusivamente medico. E giustamente, direi.
Ecco perché, come prima cosa, vedremo assieme qual è il tipo di “guarigione” di cui parleremo: e cioè un qualche tipo di mal-essere, qualcosa di esistenziale, insomma. E ciò riguarda certamente la Filosofia del Profondo (e l’asse del mondo) e sicuramente anche quella del Cuore.
Il male di vivere ho incontrato
“Spesso il male di vivere ho incontrato”, recita una famosissima poesia di Montale.
A volte era nello specchio, al mattino, in domande sul perché dell’esistenza. A volte nel fondo di un bicchiere scuro, dove cercavo me stesso, affogando parte di me. Altre volte in uno sguardo.
In ogni dove, però, il male di vivere era un “vedere”. E’ sempre stato un prender le distanze, un osservare.
Oppure uno scossone che, come tale, ti sveglia ad un grado maggiore di chiarezza.
Il guarire difatti, è sempre un “vedere”: la radice etimologica ci porta nel germanico “var-“ radice nel verbo “vedere”.
Ed il vedere è l’azione dell’Immaginazione.
Ma com’è possibile un “vedere che guarisce”?
E se anche fosse, cosa guarirebbe?
Vedere-Guarire
Possiamo leggere questo fenomeno in molti modi: uno potrebbe essere il “sei/sai” della psicologia, per il quale il processo di guarigione inizia quando si comincia a “sapere” cosa si ha. Anche filosoficamente parlando, la regola vale: puoi sapere qualcosa solo se essa è diversa da te, da te esterna; per cui se “sai cos’hai”, significa che “inizi a non esserlo più”, perché lo hai tirato fuori da te.
Questo processo del “tirare fuori da sé”, “rendere altro”, per poter vedere un qualcosa, è un principio anche sciamanico, di cui abbiamo parlato nell’articolo sulle “Evocazione ed Invocazioni Immaginali”.
Ecco che, un primo principio di guarigione è quello del “rendere manifesto” il male.
Nel mio modo di vedere, ogni male è un male esistenziale, che può poi prendere forma fisica e “salutare”. Fino a che esiste una cecità (voluta, non voluta, consapevole o inconsapevole) sul nostro stato esistenziale, esiste malattia (il male di vivere).
Ed il processo di guarigione passa quindi per il “vedere”: l’ammettersi che un certo tipo di realtà esiste, senza fuggirne (la Castità dell’Anima), l’accettare che le cose siano o possano essere in un modo diverso da come razionalmente lo vorremmo (principio del Nero Perfetto e della Stanza n.4 di Le Stanze dell’Immaginazione), e quindi – andando spesso al di là della paura – guardare negli occhi la Vita. Guardarsi allo Specchio.
Il Vedere del Cuore e la comprensione
Come ho scritto più dettagliatamente in un articolo dedicato al tema: comprendere è una questione di cuore.
Ma se finora abbiamo parlato di “tirare fuori da sé” le immagini, i volti del “male di vivere”, in una sorta di evocazione spirituale, così da poterne vedere il volto ed affrontarle, perché adesso parlare di un processo di cum-prensione?
Gurdjieff indicava 3 principi basilari in ogni processo: affermazione, negazione e riconciliazione.
In un caso di “malattia” partiamo da uno stato che spesso è una negazione: non riconoscere qualcosa, una parte di sé, un volto dell’Anima, il proprio Daimon e ruolo nel Mondo. Il male di vivere.
Successivamente, con un’evocazione immaginale, possiamo iniziare un processo di guarigione esistenziale, perché prendiamo il cor-aggio di vedere in volto questo male di vivere, di prendere in mano lo specchio e guardarci nell’Anima.
Infine, però, questa antitesi deve riportare ad una conciliazione. E questa conciliazione avviene sempre con una maggiore consapevolezza, perché è passata attraverso una “presa di visione” (o di coscienza).
Questo è il momento della comprensione: quando, dopo aver tirato fuori i propri mal-esseri, i demoni, impariamo ad amarli per quello che sono, senza una trasformazione, ma con una trasvalutazione (senza, quindi, cambiare loro la forma, ma comprendendone il diverso valore) che ci permette di cum-prenderli, ovvero di riportarli dentro, nel Cuore, nell’Anima, accogliendoli come aspetti di noi.
Naturalmente, tutto ciò non è possibile in un mondo con l’asse verticale, dove prevalgono il giudizio e l’idea del giusto e dello sbagliato: in questo mondo ristretto, tutto ciò che è brutto, è sbagliato, tutto ciò che è malattia è negativo e non si è capaci di vedere oltre, al di là di se stessi (come insegna a fare Alice, col suo Specchio).
Al contrario, riportare l’asse del mondo in orizzontale significa metaforicamente restituire tutti gli aspetti dell’Anima alla Natura, senza considerarli “a priori”, con le categorie del giudizio, ma avendo il coraggio di conoscerli guardandoli in volto grazie all’Immaginazione e… amandoli con la forza del cuore.
Bellissimo, complienti Matteo!
Grazie Valentina ^_^
Felice che ti sia piaciuto!