
Giochi, videogiochi e immaginazione. Quale evoluzione ci attende? Siamo sempre stati un po’ Homo Ludens: il gioco, col suo modo semplice di dare regole entro cui siamo liberi di esprimerci ed il suo modo di coinvolgerci, ha sempre fatto parte del nostro vivere. E i videogames? Un viaggio verso l’evoluzione, tra benefici e svantaggi del mondo videoludico, ludico e immaginativo.
Ho sempre amato giocare: giochi da tavolo, di società e – personalmente – soprattutto i giochi di ruolo.
Mondi fantastici e fantascientifici sono stati sempre una parte del mio nutrimento, in parte mi hanno anche spinto ad approfondire la conoscenza degli ambienti immaginativi.
Poi sono arrivati i videogiochi.
Mio padre è programmatore: ho sempre avuto videogames in casa mia. Dai primissimi Commodore 64 con le cassette, gli Atari, gli Amiga (il 500 plus) ed i primi pc.
Recentemente, il mondo ludico e videoludico, si sono ri-affacciati come interesse di ricerca.
Dato che siamo nell’epoca della gamification, mi sono chiesto: in che modo il videogioco (e la sua filosofia) sta influenzando la nostra evoluzione?
La cultura dei Videogiochi
Naturalmente tra gioco e videogioco ci sono delle nette differenze. In particolar modo del videogame colpisce l’elemento grafico: uno schermo di qualche tipo, entro il quale si svolge tutta l’azione; mentre un gioco avviene fuori da un monitor o simili.
Possiamo dire che i videogiochi sono figli di una cultura che si stava già adattando alla mentalità dello schermo: il primo videogioco largamente distribuito fu ideato da degli studenti del MIT e fu distribuito direttamente nei computer dell’epoca.
Era l’anno 1962, il videogioco si chiamava Spacewar!
Il che vuol dire che la ricerca sul tema aveva quantomeno una decina di anni alle spalle (il primo tentativo, su tubo catodico, fu del 1947) e quelli erano gli anni in cui nasceva la nostra attuale cultura, quella del videogames, che si stava generando in luoghi come il MIT e la Silicon Valley.
Nel suo bellissimo libro “The Game“, Baricco fa una bella narrazione di come nasce la nostra cultura – quella digitale – elencandone le caratteristiche fondamentali e raccogliendole in un’immagine storica: Steve Jobs che presenta iPhone.
Lo descrive come un momento in cui Jobs si divertiva un mondo. Aveva in mano un oggettino che avrebbe cambiato il nostro modo di vivere, avrebbe abbattuto confini e regole (ne avrebbe dettate altre), dandoci dei poteri – delle possibilità – incredibili.
C’era tutto: divertimento, connessione e possibilità.
Erano le regole del videogames.
Tra benefici e dipendenza
Non tutto è oro quello che luccica, come si suol dire. E vale anche per i videogames: ci attraggono emozionalmente, attivano aree del cervello e lo stimolano (aumentano la neuroplasticità), stimolano l’attenzione e migliorano le capacità percettive, ma… possono dare dipendenza.
In breve questi sono i maggiori effetti benefici e malevoli dei videogiochi. Vediamoli con più dettaglio.
Lati negativi del videogiocare
Sicuramente l’aspetto negativo più famoso è la dipendenza. Sembra che da gennaio 2022 sarà propriamente considerato un disturbo o malattia patologica col nome di “gaming desorder“.
Qui un articolo dell’Ansa, sul tema ed uno su EverEye, sempre su OMS e dipendenza da videogioco.
Oltre al tema della dipendenza e collegato ad essa, c’è anche la questione aggressività, che nasce quando si toglie l’accesso ai videogames (in presenza di dipendenza) e che taluni videogiochi (violenti) possono stimolare. Qui l’articolo dell’Ansa.
Benefici di giocare e videogiocare
Ti cito ora alcuni degli studi e degli articoli che ho rinvenuto (risalgono al 2009/2015) preparandomi alla conferenza “Homo Ludens. L’Evoluzione umana tra realtà, gioco e immaginazione”, che ho tenuto il 03 giugno, online e che puoi vedere per intero nel video qui:
Qui l’articolo “principe”, che rimanda a tutti gli studi, ospitato su Psychology Today del 2015, a nome di Peter Gray Ph.D.: https://www.psychologytoday.com/us/blog/freedom-learn/201502/cognitive-benefits-playing-video-games?page=1
In questo articolo sono citati tantissimi studi e benefici, come ad esempio:
- notare dettagli / pericoli più rapidamente – Trick (2005);
- diminuisce impulsività – Dye, Green, & Bavelier (2009);
- migliora la capacità percettiva dei contrasti – Eichenbaum (20o9) con pdf scaricabile;
- ottimizza l’utilizzo di attenzione e memoria – Torres (2011);
- miglioramento ambliopia – Eichenbaum (2011);
- migliora cognizione spaziale – Green & Bavelier (2012);
- più flessibilità di pensiero – Anderson, Green, Colzato (2010/12/14);
- migliora capacità multitasking – Chiappe (2013);
- miglior ingaggio nell’apprendimento – dislessia Franceschini (2013).
L’articolo più recente che ho trovato (2018) è riportato da Alessandro Bruni su EverEye e parla di benefici dei videogiochi sul cervello: https://www.everyeye.it/articoli/speciale-i-videogiochi-fanno-dannatamente-bene-vostro-cervello-dice-scienza-39847.html
Per giocare in modo sano
Come spesso accade, quindi, non è “la cosa in sé” ad essere positiva o negativa, ma la cultura e l’uso che se ne fanno.
Alcuni degli inviti vanno verso le classi più a rischio di cadere nella dipendenza:
- bambini messi spesso innanzi a tablet o telefonini;
- adolescenti alle prese con giochi violenti davanti ai quali passano ore e ore e ore;
- adulti (anche) che scelgono la realtà della finzione piuttosto che quella reale.
Personalmente apprezzo alcuni aspetti positivi del videogioco (in sé) e della cultura del gaming.
E non sono il solo, dato che si parla massivamente di “gamification“, ovvero l’attitudine di portare elementi tipici del videogioco, in altri contesti, come il business.
Amo molto la visione di Jane McGonigal.
Nella quarta di copertina del suo libro “La realtà in gioco“, di Apogeo (anno 2011), la descrivono così: “una delle più conosciute game-designer del mondo, è direttore di ricerca e sviluppo del settore giochi presso l’Institute for the Future di Palo Alto, California”.
Insomma, non proprio l’ultima arrivata, ecco.
Della sua visione amo il concetto di fondo: “la realtà è rotta ed i videogiochi possono ripararla”.
Si incentra su questo il suo libro (che in inglese è “Reality is broken“), dove individua ben 14 punti in cui la realtà è rotta e spiega come il videogioco (in sé) e la sua cultura possono ripararla.
Mi piace la McGonigal perché è semplice e senza filtri.
Quei 14 punti per i quali un videogioco ripara la realtà, li ho raccolti in 3 macro-categorie:
- coinvolgono emozionalmente di più;
- creano connessioni (anche se a distanza) maggiori e più forti, capaci di generare grande collaborazione;
- danno possibilità impossibili nella vita di ogni giorno.
Insomma: in un videogioco ci sono quelle caratteristiche di cui parlava Baricco in “The Game”.
In un videogames le tue azioni servono per salvare persone, città, pianeti.
Nella realtà spesso non sappiamo in che modo il nostro agire è di contributo al mondo.
In un videogames ogni missione è ben delineata, semplice da comprendere e da eseguire, nonostante ciò, comporta una serie di sfide che ti ingaggiano, ti stimolano, e sono comunque raggiungibili.
Nella realtà questo non avviene: spesso il nostro fare quotidiano è mancante del senso, di uno scopo che vada al di là delle azioni, le sfide non sono semplici da comprendere e a volte non sono stimolanti.
Immaginazione
Mi piace pensare che, per vivere, abbiamo bisogno di momenti di illusione, seguiti da momenti di ragione, in un ciclo virtuoso.
In-ludere, di fatto, significa “stare nel gioco” ed è, per me, quell’attitudine che abbiamo di pensare immaginando altri scenari e prospettive.
È una prassi che ci permette di vedere oltre ai confini della realtà che viviamo.
Senza queste parentesi immaginative non potremmo creare nulla di nuovo. Alcuni grandi inventori lo dicevano chiaramente, come Tesla, Einstein e in parte anche Leonardo.
È anche vero, però, che poi abbiamo bisogno di far “atterrare” quelle idee e quelle visioni nel mondo.
E qui ci aiutano i processi logici, il pensiero critico, le strategie e le competenze tecniche.
Giocare, quindi, è un modo di conoscere, di reinventarsi, di mettere in scacco la realtà per testarla, testare strade nuove, nuove identità personali e mondi. Il videogioco è un dei modi per poterlo fare: la McGonigal stava organizzando dei videogiochi per poter affrontare insieme i problemi del pianeta.
Di fatto un’altra caratteristica del videogames è che crea connessioni forti tra le persone: i MMORPG (massively multiplayer onlien role-playing-game), giochi di ruolo di massa, online, hanno community enormi e attivissime.
L’altro lato della medaglia: può creare isolamento. Bisogna sempre ponderare bene il timing, la cultura e la modalità del videogioco.
L’immaginazione è, quindi, una facoltà di pensiero che ci permette di giocare in modo buono, creando mondi, storie e interi pianeti. Un po’ come feci io nel 2009/2010, quando scoprii Le Stanze dell’Immaginazione e creai tutta la storia (ed il mondo) alla base del mio romanzo fantasy “Le Nuove Terre“.
Usare il buono per fare il bene
Nelle ricerche che ho fatto, ho anche trovato un interessante articolo del Sole24Ore, con una serie di videogiochi consigliati anche per le famiglie: https://www.ilsole24ore.com/art/cinque-videogiochi-non-buttare-tempo-e-divertirsi-questi-giorni-casa-ADXR2tE
Anche se ancora non li ho testati, credo che lo farò.
Mi piace l’idea di usare il buono delle cose, per far del bene.
Per approfondire:
➠ “The Game“, A. Baricco, Einaudi Editore (LIBRO)
➠ “Gaming Desorder“, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ “Dipendenza da videogioco – OMS“, EverEye (ARTICOLO ESTERNO)
➠ “Videogiochi e aggressività“, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ “Effetti positivi del videogiocare“, Psychology Today, Peter Gray Ph.D Peter Gray Ph.D. (ARTICOLO ESTERNO – ENG)
➠ “Benefici del videogames“, Eichenbaum (PDF, ENG)
➠ “Effetti positivi del videogioco“, Alessandro Bruni, EverEye (ARTICOLO ESTERNO)
➠ “La realtà è in gioco“, Jane McGonigal, Apogeo (LIBRO)
➠ “Giochi che fanno bene“, IlSole24Ore (ARTICOLO ESTERNO)
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