
“I temi mitologici trovano spiegazione mediante l’interpretazione di sogni. Così, ad esempio, nella leggenda del Labirinto può essere ravvisata la rappresentazione di una nascita anale: i corridoi aggrovigliati sono l’intestino, il filo di Arianna il cordone ombelicale” – Sigmund Freud
Esiste un cordone ombelicale che non è attaccato alla madre, ma al padre. È un cordone mitologico, il cui taglio dà inizio ad un processo di salvezza.
E solo una Dea, come Gea, una “donna archetipale” come Eva o una donna di potere della storia mitologica come Giuditta, possono operare questo “taglio della salvezza”.
Scopriamo perché… (e cos’è questo cordone ombelicale!)
Il racconto di Eva
Nell’esegesi cristiana si dice che Eva tenta l’uomo facendogli perdere il Paradiso, ma questo è solo uno dei modi possibili di leggere questo mito delle origini. Un altro è sicuramente quello di vedere in Eva la “Grande Madre” che – recidendo il cordone della mela – permette all’uomo la sua nascita nel mondo.
Come accade in ogni nascita, infatti, l’uomo perde uno stato di perfezione, però guadagna la possibilità di sperimentare la vita (dato che non esiste ancora la dualità, nel piano del Paradiso terrestre).
Il mito di Gea
Similmente accade nella mitologia greca, dove la Grande Madre Gea – che partorisce il suo futuro sposo Urano per partenogenesi – inviti poi i propri figli a ribellarsi al padre, liberandosi dalle catene e mettendo fine alla sua (di Urano) infinità, per la quale generava continuamente prole.
Fu così che Gea fornì a Cronos una falce, con cui il titano evirò il padre. E come ben sappiamo la storia poi si ripete con Rea, Cronos e Zeus.
Forse in senso meno evidente, ma anche questa azione rappresenta un taglio metaforico di un legame col paterno, ad opera della Madre, così da permettere realmente al figlio di entrare nella vita. È una liberazione, una salvezza che avviene per separazione.
La storia di Giuditta (di Klimt)
Ho deciso di scrivere questo articolo dopo la lettura di “Storia di un dipinto sulla femminilità: Giuditta I di Klimt”, di Freeda / Arianna Marchente.
In parte come tributo all’articolo (e naturalmente a chi lo ha scritto), in parte come tributo ad una idea di Femminile Sacro che chiamo “la Dea”, che mi sembra così ben rappresentata dalla Giuditta di Klimt.
Chi è la Giuditta di cui Klimt ci vuole narrare?
Un personaggio biblico poco conosciuto, la cui storia si interseca con quella di Oloferne, generale del re assiro Nabucodonosor, e – naturalmente – con la liberazione di un qualche “figlio”. E non un figlio qualsiasi, ma Israel, quel “popolo eletto” di cui si parla nella sacra scrittura (Israele).
Giuditta è una donna sola, lasciata dal marito in condizioni di agio, ma non per questo, quando Oloferne assedia il suo popolo, resta sugli allori.
Anzi è proprio lei che convoca il consiglio e sprona gli anziani a non arrendersi. Ma non contenta delle reazioni, si finge traditrice e va da Oloferne, fino ad entrare nelle sue grazie.
E quando una sera il generale assiro è ubriaco, lei gli ruba la scimitarra, invoca Dio e lo decapita, liberando così il suo popolo.
I molti volti del Sacro Femminile
Questo articolo è un tributo alla Dea (come i precedenti su La Loba e Thonban Hla), perché – come ricorda anche Arianna Marchente, analizzando il quadro di Klimt – trovo in Giuditta non solo la “donna”, intesa come Grande Madre, ma anche la Guerriera.
E personalmente ho sempre in mente questa immagine di Dea: da una parte un Figlio, dall’altra un pugnale; poiché la Dea è la Vita, nella sua manifestazione più piena: il ciclo Vita / Morte / Vita di cui parla anche Clarissa Pinkola Estés in “Donne che Corrono coi Lupi”.
Una Dea incarna più archetipi e’ nella naturA stessa della donna essere dolcezza e fermezza, comprensiva e guerriera , devi lottare per donare la vita e devi essere madre insegnare l’amore donare l’indipendenza e altro ancora.
Tutto questo senza perdere la sua identità primaria
Grazie del tuo prezioso punto di vista, Graziella! ^_^
A noi donne vengono dati tanti poteri però per rispondere e commentare vorrei parlare in prima persona…
Quando mi sono sentita una dea?
Sicuramente quando ho messo in atto il mio potere di procreare! Le mie gravidanze sono state forse i momenti in cui mi sono sentita più potente!
Guerriera? Per difendere il mio amore.. ahaha sono stata anche capace di “farmi sentire”!
Proprio l’altra sera mi sono ritrovata.. gelosa e pronta a duellare, la guerriera era di nuovo in campo!!!
Sicuramente per salvare i miei affetti posso tirare fuori le unghie e battagliare!!
Il ciclo vita/morte/vita.. esattamente quello che sto vivendo in questo periodo; anni fa avevo letto “donne che ballano con i lupi” e il ciclo suddetto mi aveva messo un po’ di angoscia..
Il tempo poi mi è stato maestro e ho imparato ad assaporare la vita e i frutti che ci dona come una dea , accettare la morte e onorare quello che lascio e non c’è più ma è ancora più bello il momento della rinascita, il momento adrenalinico del travaglio che preclude l’arrivo del nuovo.
Un amore/ compagno che non c’è più e un nuovo amore e un nuovo compagno…
Un lavoro che ho lasciato andare e un NON LAVORO che vivo adesso…
Grazie Stefania… della condivisione e dell’apertura.
Un abbraccio, per questo momento di nuova Vita! ^_^
Ciao! Anche io credo fermamente che in ogni Essere Umano coesistano parti diverse, Talenti diversi. In particolare nella Donna o in un Essere con un Femminile molto forte.
E siccome credo che ogni Persona sia Sacra, sia o abbia qualcosa di Divino, ecco che rispondo che una Dea incarna tutto ciò che è in Noi, di conosciuto o ancora misterioso.
Grazie per gli Scritti, sempre interessanti.
Ciao
Grazie a te, Rosy! ^_^