
La felicità è al centro dell’attenzione di buona parte del mondo: ci siamo resi conto che siamo infelici e che questa dimensione ha i suoi effetti negativi sulle persone, sull’ambiente e su ogni sistema, anche quello organizzativo. Grandi aziende studiano APP e IA per renderci più felici, ma… è veramente possibile?
Una buona parte della vita di molti, passa attraverso un telefonino o un pc.
Abbiamo spesso in mano quello schermo piatto, digitale, attraverso il quale – ogni giorno di più – filtriamo il nostro mondo.
Molte aziende si interessano a quel micro-macro mondo di cristallo liquido, apposta perché sanno che lo abbiamo sempre con noi e tra queste, ce ne sono alcune che studiano il comportamento umano.
Per fortuna ci sono realtà che si interessano del benessere delle persone e che finalizzano le loro ricerche (anche) al miglioramento delle condizioni umane o, addirittura, alla felicità.
Ma nonostante gli intenti, una domanda resta: è possibile che un’IA ci aiuti ad aumentare la felicità?
Felicità
Esistono diversi modelli di felicità.
Non mi stuferò mai di dirlo (proprio perché è necessario creare una cultura solida su ciò): non esiste solo una felicità intesa come emozione e piacere (felicità edonica). Le attuali ricerche scientifiche ci dicono che la felicità è una competenza che si può acquisire ed allenare (teoria eudaimonica). Se vuoi saperne di più, di queste teorie parlo in un articolo intitolato: “Prima il piacere, poi il dovere“.
Filosofia, Felicità, Futuro.
Sono i tre temi verso i quali mi impegno costantemente nel senso della ricerca, della creazione di cultura – al fine di stimolare una consapevolezza personale, sociale e di Specie – e nell’insegnamento (di pratiche di felicità, di pensiero e di visione del futuro).
Ecco perché, per me, la felicità è sicuramente più eudaimonica che altro: è il nome della prima filosofia, che era già – da subito, da sempre – una scienza della felicità intesa come ricerca del senso del vivere e di quelle buone pratiche per essere virtuosi.
Intelligenza Artificiale
Il futuro è diversamente intelligente.
Questa è la mia visione: un futuro diversamente intelligente. E non solo per la presenza di più intelligenze già oggi (in parte quelle su cui riflettono li studi di H.Gardner), ma anche perché sempre più assistiamo a diversi tipi di “cervello”.
I tre cervelli: testa, stomaco e cuore.
Per gli esseri umani esistono molti modi di pensare differenti, che vengono chiamati “intelligenze”. Ma esistono anche più cervelli: conosciamo quello che abbiamo nella testa, sicuramente, ma poi abbiamo anche il cervello enterico e quello del cuore.
Sì, esattamente: anche il cuore ha/è un cervello, lo dicono gli studi dell’Heartmath Institute, dove la mia consorte Lara si è formata come trainer di tecniche di coerenza cardiaca: il cuore ha circa 30mila cellule neurali. Ha un cervello che comunica con gli altri.
Intelligenze e cervelli artificiali.
Non c’è bisogno di spingersi chissà quanto nel futuro, di fatto, per sapere che nella nostra vita ci sarà sempre più spazio per le intelligenze al silicio: le abbiamo ovunque e dominano il modo di pensare dei dispositivi tecnologici.
Dal telefonino, alle chat, come anche la domotica, i dispositivi di uso quotidiano, i trasporti e – sembra – sempre più anche la politica.
Felicità Artificiale
Un’Intelligenza Artificiale, ci può aiutare ad essere felici?
Questa è la domanda. Una delle tante, almeno, che si muovono attorno agli scenari futuri legati alle IA, oltre a quelle sull’etica ed i rischi connessi, che sono all’ordine del giorno. Noi qui, però, ci concentriamo sulla riflessione: può, una IA, renderci felici?
Aggregazione e complessità.
Quello che una IA può fare, e che in molti stanno prendendo come focus del proprio operato, è: raccogliere e rielaborare una grande quantità di dati complessi. Ne è un esempio il lavoro di Kazuo Yano, Fellow di Hitachi Ltd.
E d’altronde il suo lavoro è lo stimolo che mi ha spinto a scrivere questo articolo.
La scienza della felicità.
Quello che possiamo fare, quindi, con una IA, è apprendere qualcosa sul nostro stato di benessere grazie alla raccolta di dati non solo propriocettivi, ma anche legati a parametri scientifici e alle nostre abitudini.
Chi è in movimento, è più felice.
Se c’è una scoperta, tra le tante, che il team di Kazuo Yano ha fatto, è che chi è in movimento, è più felice. Lo dicono i dati raccolti non solo dall’accelerometro, il primo strumento con cui hanno iniziato a misurare la felicità (2006), ma anche l’aggregazione anonima dei dati.
Ecco perché uno dei cuori dell’impegno mio e di Lara, anche come CHO – Chief Happiness Officer, è quello di occuparci di pratiche di energy management: tenersi in movimento, che sia fisico, emozionale e di pensiero, ci rende felici.
Felicità è “noi”.
Un’altra scoperta che viene da questa ricerca e di cui si parla anche in molte altre, è che siamo più felici, quando ci occupiamo anche della felicità di qualcun altro. E pure in questo, Lara ed io ci impegniamo assai, ad esempio condividendo pratiche e consapevolezza nel nostro gruppo Fb “La Specie Felice“.
Vita personale e professionale.
Ultimo degli aspetti portati in evidenza è che “non ci deve essere” divisione tra vita privata e professionale, nel senso che sarebbe bene ci fosse equilibrio e un benessere diffuso in ambedue. Insomma: non possiamo dirci realmente “felici” se lo siamo solo quando siamo in casa, da soli o in famiglia, e magari al lavoro viviamo una situazione di burnout.
Felicità: il primo passo
Come poter essere più felici?
Ecco, dopo un po’ di riflessioni, credo che possiamo dire che l’IA – per adesso – ci aiuta a comprendere meglio quando siamo felici o non lo siamo, aggregando e valutando dati.
Ma per essere felici abbiamo ancora bisogno di noi stessi, di consapevolezza, volontà e umanità.
Possiamo costruire la nostra felicità, con:
- una filosofia e della sana ricerca del Senso di vita;
- ricerca di uno Scopo, di un impegno che va al di là del lavoro;
- relazioni positive, che riempiono il nostro quotidiano;
- narrazioni di potere, che danno forza alle nostre decisioni;
- un collegamento con la meraviglia e la trascendenza;
- pratiche quotidiane di benessere, di senso e consapevolezza.
E tu, cosa sceglierai?
Per cominciare, se vuoi, ti suggerisco WeekUP, residenziale sul benessere e l’energia.
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