
Oggi si parla molto di resilienza, anti-fragilità e vulnerabilità. Cosa intendiamo con questi concetti? Perché sono così tanto importanti?
Nel 2013 Nicolas Taleb, autore conosciutissimo per “Il Cigno Nero“, se ne esce con “Antifragile”. Un concetto che oggi, in epoca di pandemia, è stato recuperato a gran voce. L’antifragilità è stata spesso contrapposta alla “resilienza”.
Scopriamolo, imparando cosa sono resilienza, fragilità, anti-fragilità e come usarle nel modo migliore. E soprattutto, condivido con te anche la mia proposta per superare questa foresta di termini: puntare all’umanità.
Fragilità
Cosa vuol dire “fragile”.
Parliamo di anti-fragilità e quindi siamo chiamati a sapere bene cosa intendiamo con la fragilità. L’etimo è semplice: dal latino frangere col significato di rompere. Fragile è ciò che si rompe. Ora, non so te, ma la prima immagine che mi viene in mente quando penso alla fragilità è un vaso rotto, di quelli poi riparati con filamenti d’oro (kintsugi).
Rompersi, spezzarsi, piegarsi.
Quasi tutto il tema su cui si dibatte, sta qui: in quel racconto della quercia e della canna di bambù che si ascoltava alle elementari. L’una, enorme e grande, solida ma rigida, che si spezza (e viene sradicata) col vento e l’altra che, minuta, si piega e torna al suo posto. In poche parole:
Rompersi, spezzarsi in più pezzi, oppure imparare a piegarsi, cambiare forma, per affrontare situazioni e avversità?
Fragilità e complessità.
Il tema della fragilità è tornato a galla in questo periodo col SarsCov19: ci siamo riscoperti fragili, in un mondo i cui pilastri sono cedevoli e quel confine in cui viviamo, che chiamiamo “realtà”, può cambiare all’improvviso. D’altronde il nostro è il momento storico della complessità, il mondo “VUCA”:
- V- volatilità: le informazioni e le conoscenze con le quali pensiamo e prendiamo decisioni, vanno e vengono rapidamente.
- U- incertezza (uncertanty): non siamo più in grado di fare previsioni a lungo termine. Per fare un esempio: con una laurea, anni fa, ti assicuravi un mestiere che durava anni e che ti permetteva di pensare di costruire una famiglia, una vita… oggi una competenza, dopo 18 mesi, è vecchia.
- C- complessità: tutto è collegato come non mai e un cambiamento che avviene da una parte del mondo, magari un piccolo mercato come quello di Wuhan, cambia le sorte del mondo.
- A- ambiguità: siamo nell’epoca delle fake news e non sappiamo più di chi fidarci, perché anche le grandi testate, a volte, con la fretta di fare notizia, prendono delle cantonate.
Possiamo vedere la fragilità come risposta all’incertezza del momento, come quella sensazione del sentirsi immersi in un mondo veloce e sfuggevole, difficile da comprendersi.
Fragilità e Vulnerabilità
Un altro termine che torna molto, oggi, è la “vulnerabilità”. Siamo in un cammino di riscoperta di questa nostra vulnerabilità, le riconosciamo la sua grandezza, quella di ricordarci che… alla fin fin fine, siamo anche fragili.
Essere vulnerabili significa che le cose che ci colpiscono, lasciano un segno, un solco, su di noi. Significa ricordarsi che non possiamo considerarci lontani dal mondo e dalle sue problematiche (vedi i movimenti per l’ambiente, inteso come problema collettivo), poiché siamo immersi nella realtà e che anche quando ci sentiamo abbandonati, in realtà, spesso siamo noi ad abbandonare il pianeta e le sue questioni.

Anti-fragili o Resilienti?
Sei anti-fragile, se…
Nella visione di Taleb, l’anti-fragilità viene considerata come una questione “di sistema”: prima di parlare di fragilità o meno, quindi, è necessario individuare qual è il sistema a cui facciamo riferimento. Può anche essere una persona, il suo sistema di pensiero, la sua vita; ma più spesso un sistema come quello sociale, ambientale o economico.
La definizione che Taleb dà dell’anti-fragilità è: la capacità di apprendere dagli stati di crisi, per crescere. Non farsene rompere, quindi, ma sviluppare un “nuovo livello di unione, di complessità”.
Resilienza.
Il concetto di Taleb parte per contrapposizione al concetto classico di resilienza, ovvero la capacità di un sistema di tornare alla sua dimensione originaria, dopo uno stato di crisi, un cambiamento, un qualche tipo di scossone.
Resilienza ed Anti-fragilità.
Certo, di resilienza si è parlato molto, anzi forse troppo, ma… anzitutto non amo le mode, quindi non mi piace “parlare di qualcosa perché lo fanno tutti” e, così come per la resilienza, poi ho visto eserciti di chi si è messo a parlare di “anti-fragilità”.
Credo che siamo liberi di dire la nostra, e di pensarla, ma che siamo chiamati a conoscere quello di cui si sta parlando. Esiste, ad esempio, un concetto di Resilienza che mi piace molto e che non ha a che fare con quella rigidità del “tornare al proprio stato originario”.
Un nuovo volto per la Resilienza.
La definizione è quella che ho appreso, dall’Heartmath Institute attraverso Lara, mia consorte e socia, trainer dell’istituto e delle sue tecniche di coerenza cardiaca (il cui workshop di chiama “Il vantaggio della resilienza“ – appunto).
La definizione è semplice: non tanto la capacità di tornare allo stato precedente allo scossone, ma l’abilità di saper gestire l’evento, sapersi preparare ad esso e saper viverne le conseguenze con centratura.
D’altronde è proprio su questo che lavorano le pratiche: allenare una capacità di auto-gestione di stress, emozioni e risorse mentali, dare una forte centratura e permettere di mettere in atto una risposta non reattiva agli eventi. Tutt’altro che tornare allo stato precedente, quindi, ma una vera e propria evoluzione della coscienza e della consapevolezza personale.

E se fosse “solo” umanità?
Parole, parole, parole.
Amo molto le parole: amo conoscere il loro significato ed anche meravigliarmi nello scoprirlo ogni volta. Amo saperle usare al meglio ed anche per poter agire meglio, conoscendole.
Riconosco l’importanza e la bellezza di costruire parole che non ci sono, per evolvere verso i sentimenti che incontriamo per strada, le prospettive ed i fatti nuovi che ci meravigliano, tutto questo ha bisogno di un posto nel mondo e le parole assolvono a questo compito.
Poi mi trovo invischiato, invece, in questi litigi: “anti-fragili contro resilienti” e non so come uscirne.
Non mi piace l’idea di essere “anti-” qualcosa, tantomeno fragile: amo la mia fragilità e vulnerabilità, da quando le ho scoperte ed ho fatto pace con loro.
Certo, con l’anti-fragilità vogliamo esprimere qualcosa che (apparentemente) non è dentro alla resilienza, ma in realtà basta conoscere meglio la resilienza, per comprendere che non c’è niente di nuovo sotto al sole. E, a guardarla bene, anche la resilienza è un po’ inutile, dato che parliamo di:
saper tornare a sé, anche nei momenti di crisi, apprendendo dalla situazione e crescendo
Non è forse, semplicemente, vivere?
Parole povere, ma dense.
Alti e bassi, imparare dalle lezioni per non caderci di nuovo… è quello che facciamo da sempre: vivere. Fin da bambini mettiamo in atto questi stratagemmi, ma magari in modo poco consapevole. Ed allora vado a proporre parole vecchie, povere, ma potenti, densissime e tutte da riscoprire – credo che sia utile, prima di inventarne centomila nuove:
- da fragile a umano.
Basta col mito del cow-boy, dell’uomo (e sottolineo l’assenza della donna in questa maledetta mitologia molto american style) dal cuore di pietra! Io ci sono cresciuto con l’idea che piangere era da “femminucce”. Direi che siamo pronti ad affermare il contrario: essere fragili, vulnerabili, piangere, avere emozioni è – semplicemente – UMANO. Ci rende splendidamente umani.
. - da anti-fragile a consapevole.
E diciamocelo: prendi un evento sfortunato, sfidante, difficile. Capita eh. E invece che fartene affossare, invece che tornartene dove stavi prima, te ne esci “imparato”, evoluto, cresciuto. Alla fin fin fine, che la vita è una scuola, lo sappiamo.
. - da resiliente a felice.
Sì, perché se c’è una condizione che posso definire come “la capacità di avere sempre un centro, un equilibrio interiore cui tornare, in modo elastico, in ogni situazione, più che “centratura” è proprio felicità, o almeno il modo di intendere la felicità di una delle più recenti teorie, la “Mature Happiness“
Ecco, ho finito. Spero che ti siano utili queste riflessioni, per poter riconoscere ed usare al meglio le parole e le capacità di essere fragili, anti-fragili e resilienti. Ma soprattutto che ci portino a fare più “umanità”.
Lascia un commento