
Sappiamo bene che il pensiero non sempre è efficace: le strade che prendiamo sono spesso delle scorciatoie, che ci portano a commettere errori. Da ormai qualche anno, euristiche e bias cognitivi sono sulla bocca di tutti.
Pregiudizi, giudizi formulati male, idee confuse e decisioni sbagliate. Questo genere di processi di errore sono, per ognuno di noi, argomento quotidiano. Soprattutto oggi, in un momento di sovra esposizione ad una complessità di dati, siamo portati a: selezionare, valutare e ragionare con le informazioni sbagliate e commettendo una serie di errori.
Euristiche e bias cognitivi sono le due parole che indicano questi nostri errori di pensiero.
Tanti modi di pensare
Non solo logica.
Esistono molti modi di pensare. Anni fa si credeva che “la logica” fosse il modo di pensare naturale, usato da tutti, e così si tendevano a valutare le persone molto “rigorose” nel pensiero logico, come più intelligenti. È anche una delle teorie alla base dei test QI. Poi, però, una serie di esperimenti – tra cui sono famosi i “compiti di selezione” di Wason – ci aiutarono a capire che le cose non stavano così.
Facciamo una prova, riprendendone una tipologia (fonte Wikipedia):
Ti viene mostrata una serie di quattro carte posizionate su un tavolo, ognuna delle quali ha un numero su un lato e un colore sull’altro lato. I volti visibili delle carte mostrano 3, 8, rosso e marrone. Quale carta o carte devi girare per verificare la verità della proposizione che “se una carta mostra un numero pari su una faccia, allora la sua faccia opposta è rossa“?
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Compito_di_selezione_di_Wason
più in basso trovi la soluzione
Modi di pensare.
Esistono diversi modi di pensare, tra cui amo maggiormente il pensiero per immagini e quello divergente, ma i due tipi di pensiero più conosciuti sono sicuramente il modo induttivo (tipico di Sherlock Holmes) e quello deduttivo. Sono i modi che usiamo di più anche nel quotidiano – con una preferenza per l’induttivo – quando analizziamo una serie di dati (le premesse) e formuliamo le nostre idee e teorie.
Riprendiamo l’esempio qui sopra (compito di selezione, con le carte), dove la risposta giusta è: girare la carta 8 e la carta marrone.
È molto probabile che tu non abbia indovinato e che, anzi, abbia pensato di girare la carta 8 e quella rossa.
Cos’è accaduto?
Probabilmente hai pensato ad una tua teoria e ti sarai posto/a delle domande per verificarla. Come è anche probabile che, invece, non avrai fatto nulla per falsificarla, ovvero per testare se, in qualche modo, la tua idea potesse essere errata.
Detta con i termini della logica, abbiamo:
A = carta con numero pari
B = faccia opposta è rossa
funzione: se A, allora B
non A = carta non pari (dispari)
non B = carta non rossa (marrone)
Per verificarla è necessario escludere esempi negativi come “A e non B” (pari e marrone), per cui c’è da girare quelle carte.
La strategia di controllo positivo ed il bias di conferma.
Se c’è una cosa che possiamo dire del nostro modo di pensare è che tendenzialmente partiamo dall’idea che la nostra idea o teoria sia “giusta”. O, quantomeno, non siamo allenati a creare delle riflessioni che provino a falsificarla (non applichiamo un “modus tollens“). Tra i nostri bias ce n’è uno che di certo partecipa in questo fenomeno, ovvero il bias di conferma:
in psicologia indica un fenomeno cognitivo umano per il quale le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite.
– wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Bias_di_conferma
Rappresentatività e disponibilità.
Altri bias sicuramente molto famosi sono: il bias di rappresentatività e quello di disponibilità. Nel libro che ho adottato per l’esame in Psicologia dei Processi Cognitivi (intitolato “Introduzione alla psicologia del pensiero“) sono menzionati ambedue nel capitolo sul ragionamento probabilistico.
Come funzionano?
Quando ragioniamo pensando ad una plausibilità di eventi / opzioni, commettiamo spesso una serie di errori. Tra questi c’è la prassi di affidarsi troppo ai modelli che abbiamo già come riferimento (bias di rappresentatività), senza considerare che magari la loro “tipicità” non corrisponde ad una reale plausibilità.
Ti faccio una domanda come esempio: se ti dicessi che la Scandinavia è la nazione europea con la più alta percentuale di persone con “capelli chiari e occhi azzurri”, quale tra le 3 opzioni seguenti è per te l’evento più probabile?
- l’individuo (scandinavo) ha i capelli chiari
- l’individuo (scandinavo) ha i capelli chiari e gli occhi azzurri
- l’individuo (scandinavo) ha i capelli chiari e non ha gli occhi azzurri
Fonte: Introduzione alla psicologia del pensiero, pag.86 Problema 3.4 adattato da Tentori, Bonini e Osheron [2004]
In questo tipo di valutazioni, di norma, si mette in atto il bias e ci porta a scegliere l’opzione n.2, ma è un errore: è sempre meno probabile che avvengano più eventi insieme, piuttosto che uno solo (la soluzione più plausibile è la n.1).
Allo stesso modo, sbagliamo quando valutiamo basandoci esclusivamente con le informazioni che abbiamo. Certo, a volte è proprio necessario, soprattutto in situazioni di emergenza e rapidità, ma in altri casi – come hanno dimostrato alcuni test di Tversky e Kahneman – affidarsi ai dati disponibili, ci porta al bias della disponibilità: prendiamo per vero quel che sappiamo per come lo recuperiamo dalla memoria, piuttosto che verificarlo.
Pensiero e decisione
Gli errori di pensiero.
Ma perché è così importante scoprire che commettiamo degli errori di pensiero? Come ricordo in questa diretta: perché pensare è l’agire che viene prima di agire.
Decidere bene, per agire meglio.
In poche parole: agiamo in base a quello che abbiamo deciso. Decidere, però, è tutt’altro che semplice: è un procedimento complesso che parte dalla raccolta delle informazioni, dalla loro valutazione in termini di veridicità e utilità, la loro ricombinazione in teorie generali, la ricerca di conferme e poi il momento della decisione.
Come potrai immaginare, anche un po’ in relazione a quei pochi bias che abbiamo visto, già solo in questi passaggi ci sono un numero incredibile di occasioni di errore:
- quando andiamo a raccogliere dati – bias della disponibilità;
- quando valutiamo la salienza delle informazioni – bias della rappresentatività;
- quando creiamo le ipotesi, poi non effettuiamo una verifica di falsificazione – bias di conferma.
Quindi… cosa farai, ora, nel momento di prendere una decisione?
Eccoti alcuni suggerimenti:
- bias della disponibilità: non fidarti delle informazioni che hai già, sii attivo/a in un processo di verifica e approfondimento;
- bias di rappresentatività: cerca di evitare le categorizzazioni e le generalizzazioni, perché quando si semplifica troppo, c’è il rischio di andare fuori strada, rendendo le cose troppo specifiche o troppo generiche;
- bias di conferma: ogni tanto ammetti di poter avere torto, allenati ad ascoltare idee altrui in modo curioso ed aperto, prova a chiederti in che modo, la tua idea, potrebbe essere falsa o sbagliata.
Molto interessante, porta a pensare e a valutare. Mi piace immaginare sempre una partita a scacchi nelle mie decisioni valutando con attenzione le mie prossime mosse e quelle altrui.
Ciao Fiorella ^_^
Felice che l’articolo sia stato interessante ed utile!