
Una volta c’era il Daimon, ora abbiamo un Diavolo e in questo passaggio, sottile, non ci siamo accorti della separazione dell’Anima dal corpo.
Eppure è stato detto, è stato scritto e anche rappresentato, ad esempio nel film “La Bussola d’Oro” (come in tantissimi altri): Anima ha subìto una scissione, che ha portato ad un profondissimo cambiamento nel tuo mondo e nello stesso concetto di identità…
Ma… come è avvenuta questa separazione?
Daimon
La parola greca “daimon” non deve essere tradotta con sufficienza in qualcosa tipo “demone” o “diavolo”. Come per ogni termine di una cultura diversa dalla nostra, prima di fare una traslitterazione, è bene conoscere un minimo anche la cultura in cui quel termine aveva vita e parlare di “demoni” o “diavoli”, all’epoca del daimon, non aveva senso.
Il daimon era, piuttosto, qualcosa di simile all’immagine dell’angelo custode che filtra nella cultura filosofico-religiosa cristiana. Una specie di protettore o, per essere più precisi, una specie – come avrebbe detto Socrate – di “voce guida” che ti invita a desistere da alcune azioni, ma che a sospingerti, non ti sospinge mai.
Per parlare di daimon in un’epoca più recente, o almeno con le autorevoli parole di chi ha vissuto in epoca moderna, possiamo citare James Hillman, che dedusse dai suoi studi questa funzione del daimon:
“Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, ci dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino”, tratto da Il Codice dell’Anima
Il Diavolo
Con l’avvento della cultura filosofico-religiosa del cristianesimo, abbiamo assistito ad un fenomeno interessante: invece che debellare le culture e le ideologie precedentemente viventi in quei luoghi, l’operazione fu quella di sovrapporre più filosofie. E così le dee materne della terra, ad esempio, vennero piano piano ad essere raccolte sotto l’immagine di una sola Grande Madre e il Daimon divenne il Diavolo.
Naturalmente sto riprendendo gli accadimenti in modo sommario, ma quante commistioni di miti sono fatti storici, che dimostrano anche come – ad esempio – la cultura del presepe sia una celebrazione della “divinità solare”, che abbiamo preso dall’Egitto: il bue e l’asinello, dei quali non ci spiegheremmo il senso, indicherebbero le divinità Api e Seth.
Anche l’immagine del dio pre-ellenico “PAN”, uno degli dei pagani più antichi, potenti e misteriosi, che era rappresentato come un fauno (corpo umano, gambe e corna caprine – come lo descrivo nell’articolo su Peter Pan, insomma), venne ripresa e adattata a questo nuovo concetto che era il “diavolo”: letteralmente, il verbo greco diaballein significa “dividere”; e fu così che il diavolo divenne il tentatore che “divise” l’uomo dal giardino dell’eden.
L’Anima separata
Anzitutto è bene spendere due parole sul concetto di Anima, che – nella grecità – non era proprio come la intendiamo noi, anzi… bisogna infatti ricordare che quello dell’Anima è un concetto post-omerico, forse nato con Socrate e Platone, ma è difficile definirlo con esattezza. In quel caso indicava una sorta di “motivo che muove il mondo interiore”, una forza, una vis che muove il corpo e gli dà vita, e non come un corpo eterico esterno o quantomeno estraneo al corpo fisico.
Come fu per Pan, il daimon e l’anima antichi erano rappresentanti delle forze della natura in un senso “sciamanico” (tra la visione da Sciamano e quella del Santo c’è una enorme differenza), ovvero comprendevano tutti i gradi di luce, i chiaroscuri e le ombre che appartengono naturalmente ad ognuno. Il daimon non era portatore di quel giudizio morale che ci fa combattere tra le idee di giusto e sbagliato. È piuttosto “etico” e portatore di una voce guida interiore che va al di là della morale.
Il diavolo, invece, oltre a rappresentare il polo “negativizzato” di ogni atteggiamento, rappresenta una cultura che ha separato e diviso, catalogato e giudicato ogni cosa, ogni azione, ogni pensiero ed emozione secondo la falce ideologica dell’estremo giusto e, quindi, dell’estremo sbagliato. In questo modo ha quindi deciso cosa è Anima e cosa no, mentre una volta – in quelle culture animiste – essa era tutto un insieme di forze, anche se magari da controllare (come racconta Platone nel mito dell’auriga).
Separando e dividendo, alla fine è accaduto che abbiamo perso il Daimon, che l’Anima è stata separata dal corpo e che, per riottenere l’uno e l’altra, sembra sia divenuto necessario un cammino di redenzione dalla figura del Diavolo, da quei “peccati” (o errori, sbagli, brutture) di cui siamo naturalmente portatori. Significa rincorrere un’idea di perfezione che sta al di là del mondo e, in definitiva, perdere il mondo.
In poche parole…
abbiamo perso Anima, nella sua totalità, nei suoi caratteri selvaggi, quando abbiamo cambiato volto al Daimon dipingendolo come un Diavolo.
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