
Capire non è comprendere: si capiscono le cose quando le si giudicano, riportandole all’interno di un sistema di pensiero chiuso, quello della mente e della ragione. La comprensione è apertura, accoglienza e immaginazione. La comprensione è del cuore.
Spesso si considera il comprendere come un sinonimo del capire e si generano quindi delle – guarda caso – profonde incomprensioni: ci sono cose che possono essere solo capite, altre che possono essere solo comprese ed altre ancora per le quali il capire è un primo livello di conoscenza ed il comprendere un livello più elevato.
Il capire è della mente e della ragione, la comprensione è del cuore e del suo modo di pensare: l’immaginazione.
Andiamo quindi a scoprire che cos’è la comprensione e perché è una questione di cuore e immaginazione…
Capire e Comprendere, non sono solo parole
Letteralmente (e quindi etimologicamente) “capire” vuol dire “prendere” (con la forza, quasi strappare), mentre comprendere significa “mettere insieme”. Il primo viene da capio, il secondo da cumprehendo.
Già così si capisce subito che l’azione di fondo è assolutamente diversa. E parlo di azione perché è effettivamente possibile “fare cose con le parole”, come dice Austin, e quindi usare una parola piuttosto che un’altra. Bisogna essere “impeccabili con le parole”, come dice ne “I Quattro Accordi” anche lo sciamano tolteco Don Miguel Ruiz.
Quando si capisce una cosa, spesso semplicemente la si strappa via dal suo luogo naturale, per irretirla nella mente, dove l’ego pensa di poterla controllare. Quando si comprende, invece, si accoglie quella cosa nel proprio cuore, senza forza, con Amore.
Capire è giudicare. Giudicare è uccidere il miracolo
Per “capire” qualcosa, come ci ricorda anche il filosofo tedesco Immanuel Kant, bisogna “giudicare”.
Il movimento razionale del “giudizio” è qualcosa di simile ad un falcetto, una rete da pesca, che raccoglie insieme un numero di informazioni e decide (letteralmente “taglia via”) che quelle informazioni vanno prese assieme tra loro, e compongono un “giudizio” a sé stante, cui viene dato un nome. E da quel momento, quel “nome” diventa una “cosa separata dalle altre”.
Facciamo un esempio: è notte e sei in treno. Vedi un uomo che si avvicina furtivamente ad una donna, alle sue spalle, con la mano lunga verso la sua borsa. Non ci sono altri in giro. Ma il treno va in una galleria e non sai come va avanti la storia.
Hai pensato che era un ladro? O magari che era il marito di lei che voleva farle uno scherzo? E chi lo sa?
Di fatto la realtà, nelle sue profondità invisibili, è fatta di possibilità (“Lo Spazio delle Varianti”, lo definirebbe Vadim Zeland, per me è semplicemente l’“Immaginazione” ^_^ ). Ma di tutte quelle possibilità noi abbiamo bisogno di “saperne” una.
Saperle tutte ci manderebbe letteralmente fuori di testa, come accade ad Alice nel Paese delle Meraviglie, mentre decidere per “una sola” possibilità non è solo estremamente riduttivo, ma è anche lesivo della nostra possibilità di vivere in uno “spazio di miracoli”.
La mente razionale ha bisogno di decidere una sola realtà, di giudicare i fatti, gli insiemi di stimoli, in una sola possibilità, perché ha bisogno di sapere che può controllare le cose. Ecco perché spesso riporta tutta la realtà a quanto già conosce, uccidendo ogni possibilità.
Comprendere è l’azione del Cuore. Il Cuore è il centro del Miracolo
Ecco che per stare nell’abbondanza, nelle possibilità, nell’Immaginazione, bisogna comprendere e non capire: perché comprendere significa stare nel cuore. Ed il cuore “pensa per immagini”, come diceva Hillman.
Quando si comprende, non si giudica, si resta aperti come in un abbraccio e si lascia che l’altro entri così com’è, senza “tagliare via” (decidere, giudicare) nulla. E la comprensione è anche uno dei pochi modi per poter intuire i messaggi simbolici dell’Anima:
La comprensione dei simboli non può avvenire se non con una certa forma di intuito (dal latino in-tuere, “vedere dentro), propria del cuore.
L’atto del comprendere andrebbe immaginato come un abbraccio che conduce le immagini, con il loro volto e la loro individualità, nel nostro cuore. E’ il modo di conoscere dei mondi sottili e, come tale, si contrappone al capire della mente razionale, perché accetta le realtà per quello che sono: non le giudica, non cerca di ricondurle a categorie predefinite o a concetti, ma le accoglie interamente (e internamente) e le lascia parlare da dentro”
– Le Stanze dell’Immaginazione, Matteo Ficara
Che si parli di persone o relazioni, di immagini e simboli che vengono nei sogni o nei segni di ogni giorno o di cambiare vita, ecco che, quando l'”altro”, l'”immagine” o la “possibilità” vengono accolte nel cuore, da lì possono svelarci la loro natura, il loro mondo, inondando il nostro di qualcosa di nuovo, di una magia (un miracolo) capace di allargare i confini in cui spesso viviamo.
“Un uomo non impara a comprendere nessuna cosa a meno che non la ami”
– Goethe
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