
Dire “Auguri!” non significa niente. Di certo anche tu, in periodi di festa come Natale, Capodanno, una qualsiasi delle feste “comandate” o un qualche compleanno, hai urlato un qualche “Auguri!”, ma non sapevi che – di fatto – non stavi augurando proprio un bel niente.
In questo articolo scopri come fare gli Auguri veramente.
Augùri e Aùguri
I primi (augùri) sono quel qualcosa di non meglio definito verso il quale ci slanciamo oggi, nei momenti di festa, i secondi (aùguri) – invece – erano una specie di “divinatori” etrusco / latini.
La loro funzione era molto importante: venivano chiamati per decifrare i messaggi del mondo numinoso. In particolar modo essi leggevano le risposte nel volo degli uccelli. Il loro lavoro era assai complesso e si basava sulla teoria della Contemplazione di cui più volte ho scritto.
Auspici e Augùri
In poche parole, gli aùguri, davano degli auspici (avis+spicium = volo degli uccelli), ovvero leggevano questi eventi naturali come presagio di quel che sarebbe poi accaduto.
Quel che facciamo noi, oggi, è invece dire semplicemente “Auguri”, una parola che detta così, non significa niente: dovremmo invece fare un nostro personale “presagio” (dire cosa vediamo in avanti nel tempo) per la persona, l’evento, l’accadimento verso cui muoviamo i nostri “auguri”.
Come fare un augurio
Come hai compreso, quindi, fare un augurio non significa dire “Auguri!” a qualcuno, ma piuttosto…
- prendere un istante ove ampli il tuo sentire verso l’altro e entrare in empatia profonda, in ascolto;
- cercare quale presagio c’è, in te per lui/lei, cosa si manifesta in quel campo invisibile che esiste in quel preciso momento tra te e lui/lei;
- quando lo trovi, esprimerlo a parole.
È un po’ un connettersi anima e anima e trascendere il momento per vedere, tra tutti i futuri possibili, quello più radioso e… augurarlo, condividendolo con l’altro.
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