
Il CHO – Chief Happiness Officer, una figura relativamente nuova in Italia, ma che già dai primi del 2000 era presente in America e nel mondo. È la risposta alle esigenze del mercato, delle organizzazioni, delle persone e del mondo: l’esperto che porta un cambio di cultura per rendere le aziende delle Organizzazioni Positive.
Nel mondo delle organizzazioni esistono tante sigle: CEO, CFO, CTO, CDO e CDIO. Da qualche anno, tra queste, c’è anche il CHO, il Chief Happiness Officer.
In questo articolo cerchiamo di comprendere chi è e qual è il suo ruolo nelle organizzazioni.
Si potrebbe tradurlo con “il Manager della Felicità”, ma non sarebbe abbastanza: per comprenderlo è necessario vedere quando nasce questa figura, il suo ruolo nelle organizzazioni e qual è la sua formazione.
Di certo possiamo sapere qual è il suo scopo: portare la felicità ed il benessere nelle aziende, per trasformarle in Organizzazioni Positive.
Il contesto
Prima di tutto parliamo di Scienza della Felicità e delle teorie principali su questo tema.
Non è possibile procedere senza comprensione di quello che è il terreno entro il quale si sviluppa la figura del CHO, che è composto da un complesso insieme di movimenti sociali ed economici, che hanno portato alle ricerche scientifiche del costrutto della Scienza della Felicità (non solo psicologia positiva).
Il “macro-contesto“ lo conosciamo bene: è quello delle grandi sfide sociali, politiche ed economiche, come:
- il riscaldamento globale (la situazione è “critica”);
- il consumo delle risorse (overshooting day al 22 agosto nel 2020);
- l’esistenza di enormi disuguaglianze sociali date dal reddito o dall’appartenenza a classi, sessi o razze (contano molto nella vita delle persone, sono anch’essi generati da un sistema che fonda tutto sull’economia del consumo e sono in grado di modificare il DNA accorciando i telomeri e la vita);
- ansia, stress e depressione come malesseri in aumento (in generale, tra le donne, i giovani e “grazie” al Coronavirus).
Questo contesto è la culla da cui si è originata la spinta alla felicità.
Da una parte grazie alla Psicologia Positiva e al contributo del suo fondatore, Martin Seligman, che decise di smettere di studiare chi stava male, per concentrarsi su chi sta bene.
La Psicologia Positiva è, di certo, alla base delle scoperte di molti accorgimenti e prassi che oggi ci aiutano a costruire la nostra felicità ed ha contribuito al passaggio epocale da un concetto di felicità edonica ad uno di felicità eudaimonica.
Quale felicità?
Questo contesto ci ha portati a cercare la felicità in molti modi diversi:
- aumento del senso della vita (attraverso uno scopo);
- aumento di salute e benessere (maggiore vitalità ed energia);
- aumento di valore (nel percepire se stessi, nelle relazioni e nelle proprie idee);
- aumento di emozioni (vivere felici anche nel senso del piacere e della bellezza);
- aumento di sensibilità ai temi “eco” (cura dell’ambiente e dell’umanità).
E questo ci porta alle due teorie principali, o modelli, attraverso i quali è possibile guardare alla felicità – di cui ho già parlato, ad esempio nell’articolo su “Prima il piacere e poi il dovere” e su quello con le “Formule della Felicità, da Harvard“.
In modo molto riassuntivo possiamo dire che:
- la teoria EDONICA è quella che vede la felicità come piacere ed emozione.
Si ferma, quindi, a quelle situazioni in cui viviamo qualcosa in relazione a fattori esterni. Grazie alle ricerche della Lyubomirsky, oggi sappiamo che i fattori esterni incidono solo su un 10% circa della nostra felicità totale;
. - la teoria EUDAIMONICA vede la felicità come una competenza da acquisire e allenare.
Le restanti percentuali degli studi della Lyubomirsky testimoniano che la felicità è data dai geni (circa il 50%) e dalle nostre azioni consapevoli (circa il 40%) ed è quindi considerabile come qualcosa che sta nelle nostre mani e può essere allenata.
Naturalmente una Scienza che studia la felicità, si occupa di studiare ambedue le teorie.
Di fatto, però, attualmente è quella edonica ad essere ancora più sotto i microscopi. Curioso che sia proprio grazie a questi studi che è stato possibile passare poi a delle prassi per creare la propria felicità in senso eudaimonico.
Il mondo delle Organizzazioni
All’interno di questa cornice, osserviamo anche alcune evoluzioni circa il mondo dell’economia e delle organizzazioni:
- le cattedre di Economia della Felicità ed i movimenti di Nuova Economia
La cultura della felicità ha raggiunto quindi anche luoghi come le università: Harvard, Berkeley e Yale sono le più prestigiose, ma non bisogna andare troppo lontano per trovare una “Cattedra di Economia della Felicità” (un esempio a Palermo).Ci sono poi i movimenti di nuova economia, come l’Economia del Bene Comune e la Scuola di Economia Civile di Bruni.
. - l’arrivo di B Corp e Società Benefit (in Italia)
Società che hanno nel proprio statuto di impegnare le proprie forze verso azioni di impegno civile, sociale ed ecosistemico. Ne abbiamo parlato con People R_Evolution in un evento dedicato che puoi vedere in youtube.
. - il modello organizzativo Teal
Per il quale si dà maggiore spazio ai valori individuali e al raggiungimento di una pienezza personale, alla collaborazione anche in fase decisionale e alla visione di impatto etico-sociale (ne puoi scoprire qualcosa in più in questa intervista).
. - l’interesse per il CHO nelle organizzazioni
Sempre crescente è l’interesse per questa figura nelle aziende, non solo in America – laddove già dal 2000 c’è stato un proliferare di “titoli” che cercavano di andare verso la direzione della felicità, come ad esempio Chade-Meng Tan, in Google, è stato nominato “Jolly Good Fellow” e Jenn Lim è Chief Happiness Officer di Delivering Happiness (spin-off di Zappos).
Lo testimoniano anche le ricerche, come ad esempio il Global Report di Human Experience, che ha coinvolto oltre 7000 lavoratori nel mondo, dando (tra gli altri) questo risultato: l’ 87% degli intervistati è favorevole all’idea di un “Responsabile della Felicità”.

Sono tutte piccole, medie e grandi testimonianze di come, l’interesse per la felicità si stia sviluppando anche in seno a quello che potrebbe sembrare il territorio più aspro: l’economia e la vita aziendale.
In questo contesto va a portare il suo contributo il CHO – Chief Happiness Officer.
Un ruolo che ha, come scopo, quello di rendere la felicità una strategia aziendale.
Il ruolo del CHO
Ho recentemente conseguito la certificazione di CHO con l’IIPO – Italian Institute For Positive Organization di Daniela Di Ciaccio e Veruscka Gennari (il sito qui). La ritengo una delle esperienze formative, in senso professionale e umano, più profonde e proficue che io abbia mai avuto modo di seguire.

Te lo dico perché ti parlo della figura del CHO secondo quanto ho appreso.
Inutile dire diversamente: non si può generalizzare, perché ne possono esistere versioni differenti ed io posso parlarti con competenza di alcuni caratteri generali, ma soprattutto di una serie di competenze specifiche.
Passo prima di tutto a spiegarti cosa un CHO non è…
- non è un animatore – cioè non si occupa di creare party, giochi, intrattenimenti;
- non è un motivatore – il suo ruolo non è quello di “pompare” emozionalmente le persone.
Te lo dico perché queste sono alcune delle “voci-contro” – come le chiamano anche Dani e Veru nel loro libro “Chief Happiness Officer” – che si possono sentire, oggi, sul tema. Un modo di svilire il ruolo del CHO che parte spesso da una mancanza di conoscenza effettiva di questa figura.
Per fortuna che in questi giorni ne stanno parlando anche testate giornalistiche di calibro, dandone un quadro più preciso:
- Il Sole 24 Ore – qui l’articolo,
- Business Insider – leggilo qui,
- Millionaire (ti riporto uno screen dal LinkedIn di Daniela Di Ciaccio).
Il ruolo del CHO
Ecco i 4 settori del suo impegno, con le 8 competenze che deve sviluppare, per poter essere pronto:
- Cultural Transformation
Il CHO si impegna nell’individuare sia la cultura, il DNA dell’organizzazione (Organizational Epigenetics), sia gli spazi evolutivi possibili (Evolutionary Cultural Change), per guidare l’organizzazione verso un proposito forte, eco-sistemico e di impatto sociale.
. - Corporate Happiness
Il CHO si impegna a rendere la felicità una strategia organizzativa coerente (Happiness @Work Strategy), riconoscendo la situazione ed i suoi possibili sviluppi e progettando prassi e processi da implementare (Positive Organizational Management).
. - Positive Leadership
Un altro degli impegni del CHO è quello di coltivare (in primis in sé – Self Energy Management) l’esempio positivo e (negli altri – Positive Leadership Development) la leadership positiva. Il motto potrebbe essere #nobadmanager, perché è ormai risaputo l’effetto negativo del cattivo manager in azienda.
. - Positive Organization
Il Chief Happiness Officer guarda alla complessità ed al futuro (Positive Future Planning) e sceglie, disegna e gestisce processi e pratiche congruenti con la strategia identificata e capaci di generare benessere e percezione di coerenza in azienda (Positive Practices).
In tutto questo, of course, il CHO non è solo: crede nei principi della Scienza della Felicità, tra cui “il passaggio dall’io al noi”, che lo porta a fare rete con gli altri professionisti. Ogni CHO, poi, porta con sé un bagaglio unico, che esprime in uno dei quattro settori, affidandosi alla collaborazione con gli altri, per un equilibrio nel suo mestiere.
Personalmente credo di poter dare il massimo nella Cultural Transformation e nella Positive Organization, dato che amo guardare ai futuri possibili e ho allenate competenze legate al pensiero (filosofico e non solo).
Le Organizzazioni Positive
Da tutto questo, quindi, si può comprendere che il ruolo del CHO è complesso (ecco perché può essere visto anche come un complexity thinker) e richiede formazione continua.
Una cosa certa che se ne può dire, è lo scopo: aiutare le organizzazioni a divenire Organizzazioni Positive.
Provo a riassumertene un’idea a parole mie:
Un’Organizzazione Positiva è tale quando si prefigge uno scopo ecosistemico e di impatto sociale positivo e lo persegue costruendo valore e pratiche positive verso tutti gli attori, sia interni che esterni”.
Per approfondire:
IL CONTESTO
➠ Riscaldamento Globale, ItaliaCheCambia (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Overshooting Day, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Il peso delle disuguaglianze, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Disuguaglianze modificano il DNA, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Depressione, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Depressione nelle donne, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Depressione nei giovani, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Depressione nel periodo Coronavirus, Ansa (ARTICOLO ESTERNO)
TEORIE DELLA FELICITÀ
➠ Prima il piacere, poi il dovere, matteoficara.it (ARTICOLO)
➠ Formule della Felicità, da Harvard, matteoficara.it (ARTICOLO)
IL MONDO DELLE ORGANIZZAZIONI
➠ Economia della Felicità – UniPalermo, Università di Palermo (PAGINA ESTERNA)
➠ Economia del Bene Comune (SITO ESTERNO)
➠ Scuola di Economia Civile (SITO ESTERNO)
➠ Società Benefit e B Corp, People R_Evolution (VIDEO YOUTUBE)
➠ Organizzazioni Teal, La Specie Felice (VIDEO YOUTUBE)
➠ Chade-Meng Tan, “Jolly Good Fellow“, TedTalk (PAGINA ESTERNA)
➠ Jenn Lim, Chief Happiness Officer di Delivering Happiness, DeliveringHappiness (SITO ESTERNO)
➠ Global Report di Human Experience, HumanExperience (SITO ESTERNO)
IL RUOLO DEL CHO
➠ IIPO – Italian Institute For Positive Organizations, IIPO (SITO ESTERNO)
➠ Chief Happiness Officer (SITO ESTERNO)
➠ Chief Happiness Officer, Di Ciaccio e Gennari (LIBRO)
➠ Chief Happiness Officer, IlSole24Ore (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Chief Happiness Officer, Business Insider (ARTICOLO ESTERNO)
➠ Chief Happiness Officer, Millionaire (LINKEDIN DI CIACCIO)
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