
Avere chiarezza significa non solo prendere decisioni migliori, ma anche evitare gli stati di confusione e stress, che derivano dall’esaurirsi della tua energia mentale. E permette anche di usare al meglio la propria attenzione. Per farlo, però, bisogna imparare a gestire la confusione, la complessità in cui viviamo ed il pensiero.
Siamo nell’epoca della complessità. Ormai è un fatto consolidato, che in qualche modo è stato scandito dagli eventi più impattanti del nostro secolo, tra il Covid ed altri, che hanno avuto un impatto “nuovo”: non solo rapido, ma anche globale e capace di sconvolgere l’ordine delle cose.
Ma… quando parliamo di qualcosa di “complesso”, di cosa stiamo parlando? Complesso non è complicato e ci sono alcuni elementi fondamentali che caratterizzano la complessità e ci aiutano a comprendere cosa, nello specifico, ci crea maggiore confusione mentale, esaurendo le nostre batterie e portandoci allo stress.
Scopriamo quali sono e come gestirli, per fare chiarezza mentale.
Complessità: gli elementi fondamentali
Ormai si parla di complessità ovunque… probabilmente ne avrai sentito parlare anche al supermercato! E forse hai sentito delle sigle: VUCA, VUUCA, VUCCA, TUNA e BANI. Cosa significano? Sono degli acronimi che raccolgono alcune delle parole che ci aiutano a comprendere il momento storico e – in parte – a definire cosa significa vivere nella complessità.
Noi parleremo del più classico VUCA, dove le lettere stanno a significare:
V – volatility, la volatilità delle informazioni: oggi ci sono, domani chissà e nel frattempo, io devo comprendere se prenderle in considerazione o meno e questo mi consuma energia;
U – uncertanty, l’incertezza: è sempre più difficile pensare al futuro. Quelle decisioni che anni fa ci permettevano di creare prospettive per tutta la vita, ora durano solo pochi mesi e a volte nemmeno;
C – complexity, la complessità: quelli che un tempo erano semplici eventi, distinti e separati, oggi sono possibili cause di una concatenazione capace di arrivare ovunque. Lo abbiamo visto col Covid19;
A – ambiguity, l’ambiguità: non sappiamo più come valutare le informazioni e le loro fonti, tra affidabilità ed inaffidabilità e così brancoliamo nel buio di ciò che sembra, ma non è.
Come puoi notare, sono tutte cose che conosci bene e con le quali, volenti o nolenti, abbiamo avuto a che fare, in particolar modo dal 2020 fino ad oggi. La domanda è: come affrontarle?

Fare chiarezza, passo n.1: capire dove nasce la confusione
Il primo passo che ti invito a fare, per aumentare la tua chiarezza mentale, è di chiederti quali di questi elementi influenza di più il tuo stato mentale, facendoti passare dalla chiarezza alla confusione.
Di fatto, se ci pensi, lo stato opposto alla chiarezza è quello della confusione.
Avere confusione mentale significa:
- non riuscire a raccogliere le informazioni che ci servono, perché magari non sappiamo se saranno utili (volatilità) o se sono affidabili (ambiguità);
- non riuscire ad elaborare le informazioni, perché non ne comprendiamo tutte le implicazioni nella nostra vita (complessità) o perché non abbiamo chiaro in che direzione muoverci (incertezza).
Il problema è che più restiamo in uno stato di confusione, più energia mentale consumiamo e meno (sempre meno) siamo capaci di gestire le informazioni ed i processi mentali che ci aiutano in quello che è il nostro scopo finale: prendere delle decisioni per la nostra vita.
Quindi, già con due domande, puoi iniziare il tuo processo per fare chiarezza:
- riesci a raccogliere le informazioni che ti servono (capisci quali informazioni ti servono, le trovi, sai che sono affidabili)?
- riesci ad elaborare le informazioni a tua disposizione (hai capacità di discernimento, focalizzi i tuoi obiettivi, decidi)?

Fare chiarezza, passo n.2: gestire l’attenzione
Fare chiarezza significa tante cose: da una parte è come uno “svuotare la mente” da quello che la ingombra, dall’altra parte è rendere la propria attenzione più funzionale, in modo che selezioni meglio le informazioni in accesso.
Di fatto, la nostra attenzione è sempre selettiva.
Questo vuol dire che non può stare su tutti gli stimoli contemporaneamente, ma deve scegliere. Come sceglie? Hai mai fatto caso all’effetto che le notifiche dei social network hanno su di te? In qualche modo sono studiati per “darti piacere”: esprimono un tipo di apprezzamento sociale. Quando hai una notifica vuol dire che qualcuno “ti ha visto/a” o ha apprezzato il tuo contenuto, o te. Questo sviluppa dopamina, l’ormone del piacere – lo stesso che si sviluppa in noi con l’uso di sostanze stupefacenti! (se vuoi saperne di più, c’è un bell’articolo di Lara, qui: https://www.laralucaccioni.com/argomenti/felicita/come-migliorare-il-tuo-umore-attraverso-gli-ormoni-della-felicita/).
Cosa succede quindi? Vedi la notifica, provi piacere, il tuo cervello impara che quell’azione è qualcosa di buono per te e quindi… ti troverai ad usare sempre più spesso la tua attenzione nel cercare quelle notifiche.
Questo ragionamento vale per tutte le informazioni che prendiamo dall’esterno.
E poi ci sono anche le idee, ovvero le informazioni “interne”, su cui l’attenzione può andare.
Ma accade sempre meno spesso: non osserviamo i nostri pensieri.
La pratica di osservare i propri pensieri si chiama “metacognizione” ed è stra-utilissima per:
- migliorare la nostra capacità di attenzione intenzionale, cioè la capacità di portare l’attenzione dove vogliamo noi;
- aumentare la nostra auto-consapevolezza, attraverso una maggiore conoscenza dei nostri processi di pensiero.

Ti stai chiedendo: “Come posso gestire l’attenzione in modo più consapevole ed intenzionale?”
Con l’esercizio. Comincia con cose semplici, come ad esempio cercare di mantenere la tua attenzione su un oggetto (più facile se è un oggetto fisico che hai di fronte, più difficile con un “oggetto mentale”) per un tempo di 30 secondi, poi passa ad un minuto ed aumenta piano piano. Già 5 minuti sono un buon risultato.
Prova con qualche pratica di meditazione, oppure disegna ricopiando qualcosa: ti obbliga a tenere l’attenzione lì dove osservi per copiare. Infine: ogni volta che ti accorgi di tornare con la tua attenzione al momento presente, dopo un viaggio mentale, prova a riconoscere gli ultimi passi che hai fatto!
Quei viaggi si chiamano “mind wandering“, ovvero “mente vagante”. Capitano spessissimo e non sono solo negativi (possono aiutare i processi di prospezione e creatività), ma… se riesci a risalire a quei processi, un passo alla volta, andando a ritroso, aumenterai di molto la tua metacognizione!
Fare chiarezza n.3: svuotare la mente
Con “svuotare la mente” non intendo quello che pensi, ovvero non è “fare il vuoto mentale”, tipico delle pratiche meditative orientali. Certo, la meditazione aiuta, ma la nostra è spesso una mente occidentale, la “mente-scimmia”, sempre in movimento, e non è per noi fare il vuoto (possiamo però imparare ad allontanare l’attenzione dai pensieri, per gestirli).
Ed allora, cosa vuol dire?
Semplice: significa fare spazio, spostare i pensieri imgombranti o – quantomeno – gestirli mettendoli in ordine ed affrontandoli uno alla volta.
È molto più semplice di quello che pensi, almeno con la maggior parte dei pensieri. Ti faccio un esempio: prova ora a pensare ad un gatto. Puoi farlo ad occhi aperti o chiusi, come vuoi. Dopo di che, pensa ad una giraffa. Immagino che ti ci sia voluto solo un secondo, giusto? Hai potuto cambiare pensiero in modo intenzionale e ti è bastato un attimo.
Ma a volte ci sono pensieri ingombranti, ricorrenti e difficili da “cambiare”, in tal caso queste pratiche ti possono aiutare, ma è bene anche affiancargli – secondo me – una chiacchierata con un professionista di psicologia.
Le pratiche più semplici che ho incontrato, che aiutano a fare spazio mentale ed alleggerire la confusione, per fare una sorta di “silenzio mentale”, di ordine tra le idee e di chiarezza mentale, sono:
- la risata, abbinata al silenzio. Magari ti farà strano, ma… la risata ossigena tantissimo, anche il cervello, permettendoci di alleggerirlo. È come quando apri le finestre per cambiare aria in casa, è la stessa cosa. E poi il silenzio: messi insieme, uno dopo l’altro, la risata ed il silenzio si potenziano vicendevolmente e diventano una pratica meditativa incredibile, che ti aiuta a fare spazio mentale, in pochi minuti;
- il pensiero narrativo e/o le Mappe Mentali®. Due strumenti di quello che io chiamo “il pensiero carta e penna”. Prendere quei pensieri, quelli ingombranti, quelli meno, quelli poco chiari, quelli troppo evidenti e… metterli per iscritto, aiuta tantissimo. È come tirare le cose fuori dai cassetti, per poi rimetterle dentro in ordine. Fantastico! E fa consapevolezza.
- imamginazioni, meditazioni e rilassamenti. Tra le tante pratiche che ho incontrato in vita mia, quelle che ho insegnato con maggiore successo e risultati più potenti ed immediati, sono state: la Stanza n.4 delle Stanze dell’Immaginazione ed il focusing. Due pratiche immaginative, che ti aiutano a “fare spazio”, aumentando la sensazione di benessere, leggerezza e chiarezza, abbassando lo stress e l’affaticamento mentale.

Ma… c’è un “ma”: non insegno la Stanza n.4 separata da tutto il sistema de Le Stanze dell’Immaginazione®.
O almeno non la insegno, di norma: l’unico percorso in cui la trovi, da sola, ed in cui insegno tutte queste pratiche (e dove anche Lara Lucaccioni, mia consorte, insegna la coerenza cardiaca, dove trovi pratiche di meditazione e di mindfulness) è Vivi365, il nostro programma annuale di benessere.
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