
Come impronte sulla battigia, le stories dei social network sono testimonianze che spariscono in fretta. Raccontano un’umanità sparsa a caso e mostrano frammenti di tentata società. Sono miti a bassa intensità, entro cui è difficile trovarsi e facilissimo perdersi.
Fai un post che sparisce dopo qualche ora. Magari pochissimi istanti, come accadeva con Snapchat, magari 24h come con le stories di Facebook e Instagram.
In quei frammenti, infatti, si pensa di dare il massimo di “realtà individuale possibile”: dato che sono veloci, che sono pezzetti di racconti, come possono essere falsi? Sono nati, con tutta probabilità, per coinvolgere le persone nella tua vita, nei singoli momenti della tua realtà. Eppure si sa in modo del tutto ingenuo che per molti c’è dietro una preparazione.
Il problema è che questa modalità, l’accesso ipersemplificato ad una tecnologia che usa queste filosofie, ci sta cambiando modo di pensare, vivere, essere.