
E se la Biancaneve che conosci fosse un falso? Se conosci solo quella della Disney, allora di certo lo è, perché fiabe e favole sono passate in molte mani che, da storie reali, le hanno trasformate ogni volta in modo diverso.
Biancaneve è di certo una delle fiabe su cui ho letto di più. Vuoi perché è stata anche una delle preferite di Beba (mia figlia), vuoi perché ne ho trovata una edizione meravigliosa, quella di Michelangelo Rossato (in fondo ti metto il link), vuoi perché fu Disney a definirla (il cartone) come la migliore produzione della sua azienda, vuoi perché contiene molte altre fiabe in una sola: c’è un po’ di Bella Addormentata e del Bacio del Risveglio, c’è un po’ di Cenerentola e del suo rapporto con la matrigna.
Eppure: Biancaneve racconta un falso. Un falso storico, quantomeno.
Eccotene alcune versioni che probabilmente non conoscevi, che te ne daranno un’altra visione, tra storia e mito.
Biancaneve e la storia
Iniziamo col dire subito che a differenza della Bella Addormentata, famosa per il Bacio del Risveglio, probabilmente Biancaneve non fu mai baciata.
Secondo le ricerche dello storico Karlheinz Bartels, probabilmente la storia che i Grimm ci hanno veicolato di Biancaneve, ha risentito della storia della baronessa Maria Sophia von Erthal. La storia riportata sulla sua lapide sembra confermarne le somiglianze con la fiaba e anche le differenze…
Tanto per cominciare: sì, ebbe una matrigna che amò di più le sue sorellastre piuttosto che lei. In secondo luogo, la questione dello specchio: sembra che il padre di Biancaneve fosse conosciuto per la sua fabbrica di specchi.
Infine: il bacio che non è mai arrivato.
Sembra infatti che la baronessa morì nubile e cieca, in un convento.
Delibana e il Monte Pore
La storia della baronessa è assai triste e, nonostante lo storico sembri volerle dare peso, io preferisco rifarmi al racconto di Delibana, di cui ha raccontato proprio Michelangelo Rossato in un’intervista e che mi ha anche ricordato (grazie!) in Messenger.
La fiaba di Delibana è circoscritta al Monte Pore, sulle Dolomiti.
Si racconta che questa fanciulla, per ordine di una regina, venne data “in pasto” al monte, al fine di ridare vita alla vena metallifera che in esso era contenuta. In questa montagna doveva vivere 7 anni in compagnia dei Morkies, i nani del ferro.
Le somiglianze sono sicuramente legate ai nani e alla “circolarità” del tempo, quei “7 anni” che nei miti e nelle fiabe indicano sempre un cambio di vita, un ciclo.
Michelangelo rappresenta benissimo questi “cicli” (al femminile) nel suo “Biancaneve” (un’opera da avere: le illustrazioni sono dei capolavori e la storia è quella dei Grimm).
Mostra una bambina che cresce, ne narra le vicende con una capacità estetica ed esoterica notevole e di fatto quei colori che la caratterizzano: “Labbra rosse come il sangue, capelli neri come l’ebano e pelle bianca come la neve”, altro non sono che simboli dei passaggi dei riti iniziatici, che Michelangelo rappresenta prendendo spunto anche dalla cultura degli Hopi.
Chi è Biancaneve?
Due storie molto dissimili, una storica e una mitologica, ambedue provenienti da zone distanti, eppure – comunque – capaci di essere riconosciute entro un’altra narrazione, quella di Biancaneve, di cui tutti forse conosciamo la versione Disney.
Questo sono le fiabe: fili che raccontano il vissuto degli esseri umani e quegli insegnamenti che se ne possono prendere. Sono le storie di vita che i padri e le madri narrano ai figli, che i nonni raccontano ai nipoti e che, lentamente, mentre vengono continuamente narrate, mutano.
Abbandonano il tempo e lo spazio canonici, si estendono ai luoghi della metafora e cambiano pelle: da storie e racconti, da racconti a fiabe o a miti.
Fili dispersi per zone e tempi distanti, ma che si intrecciano e formano, col passare dei tempi, tessuti e narrazioni sempre più vaste, incapaci di raccontare la vita di un singolo uomo o di una donna, ma larghe abbastanza da far accomodare l’intera Specie.
È in questo modo che raccontiamo di noi a noi stessi, che tentiamo di tenere in piedi quello che siamo stati, i nostri vissuti, le gesta, le vite: narrandole e affidandole a chi verrà dopo di noi.
Biancaneve, in questo, racconta – come tante a quei tempi, e ahimè troppe ancora oggi – di una donna sconfitta da un sistema di vita e di pensiero. Una donna che non si è arresa, ma si è rifugiata in un angolo per essere dimenticata e anche per dimenticare il dolore e le ingiustizie. Una donna che voleva sparire.
Le fiabe al femminile raccontano sempre una storia: la storia del potere e del valore della vita, della bellezza e dell’Amore, nonostante tutto.
E grazie a questi racconti che trascendono le loro singole vite, a queste donne viene concesso un qualche tipo di redenzione.
Certo, ai tempi, c’era sempre un Principe nella veste di “salvatore”, a cui era dato il compito di salvarle, ma ora non è più tempo.
Le fiabe ed i miti non hanno esaurito il loro scopo – non sono “cose vecchie”, ma sono un’utilissima struttura di pensiero – hanno solo bisogno di una revisione: non è quindi tempo di abbandonare le fiabe, ma… di cambiare storia.
Per approfondire:
➠ Fiabe (TAG)
➠ Biancaneve e la Bella Addormentata: il Bacio del Risveglio (ARTICOLO)
➠ Il senso delle fiabe (ARTICOLO)
➠ Biancaneve non fu mai baciata (ARTICOLO ESTERNO)
➠ “Biancaneve e Delibana – Michelangelo Rossato“ (INTERVISTA )
➠ “Biancaneve”, Grimm e illustrazioni Michelangelo Rossato (LIBRO)
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